di Alessandro Ciancio
La rivoluzione grillina non si ferma a Ragusa e Beppe Grillo può finalmente tirare un sospiro di sollievo, smaltendo in parte la delusione per la gravissima sconfitta che il suo movimento aveva subìto al primo turno in tutta la Sicilia. Al ballottaggio per la poltrona di primo cittadino ha vinto infatti il pentastellato Federico Piccitto, che ha raccolto il 69,4% delle preferenze contro Giovanni Cosentini, vice sindaco uscente sostenuto non solo dal Pd ma anche dall’Udc e dal Megafono del governatore Rosario Crocetta (che in una dichiarazione si è detto comunque felice per «la crescita del centrosinistra e la destrutturazione del centrodestra» in tutta l’isola).
A vincere ovunque, per l’ennesima volta, è stata comunque la voglia degli elettori di starsene a casa: alle urne si sono infatti recati il 49,19% degli aventi diritto, oltre 20 punti in meno dell’affluenza registrata due settimane or sono. A conferma che l’astensionismo è ormai una forma massiccia di protesta che nemmeno lo tsunami grillino riesce a contenere.
Il nuovo sindaco di Messina è invece Renato Accoriti, che al ballottaggio ha battuto con il 52,86% dei voti il candidato del centrosinistra Felice Calabrò. Tra i fondatori del movimento “No al Ponte”, questo insegnante di educazione fisica è un pacifista già noto per le sue iniziative: negli anni Settanta era a Berlino a manifestare contro il Muro, dieci anni dopo ha protestato più volte contro l’installazione della base militare Nato a Comiso e il 25 giugno 2002 non ha esitato ad arrampicarsi sul pilone di Torre Faro per esporre a 220 metri di altezza due striscioni contro il progetto di costruzione del Ponte sullo Stretto.
Il centrosinistra, che sognava l’en plein dopo la vittoria al primo turno a Catania con Enzo Bianco, si è dovuto così accontentare della vittoria a Siracusa (dove il suo candidato Giancarlo Garozzo ha superato con il 53,3% dei voti il leader di un rassemblement di liste civiche Ezechia Paolo Reale). Troppo poco per non suscitare a breve un serrato dibattito interno. Gli apparati di partito si sono infatti sgretolati di fronte all’avanzata dei movimenti, modificando la geografia politica dell’isola e confermando quell’appellativo di ‘laboratorio’ attribuito alla regione a ogni tornata elettorale. Ne ha approfittato subito l’ex magistrato Antonio Ingroia, che indossando le vesti della mosca cocchiera ha dichiatato: «Nelle elezioni amministrative siciliane ha vinto la voglia di cambiamento e ha perso la politica dell’inciucio».