In questo momento in Italia si stanno accertando le responsabilità di due figli di due note personalità politiche. A Milano i pm Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro stanno indagando per violenza sessuale Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato, per un presunto stupro avvenuto lo scorso 19 maggio nell’abitazione di Ignazio La Russa dopo una serata esclusiva in un club del centro di Milano. Nei giorni scorsi l’amico del figlio di La Russa Tommaso Gilardoni, anch’egli indagato, è stato ascoltato per 4 ore in una stanza del quarto piano del tribunale dove ha risposto alle accuse sostenendo che si è trattato di un rapporto consensuale. Nel tribunale di Tempio Pausania si sta svolgendo il processo per violenza sessuale di gruppo contro Ciro Grillo (figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe) e i suoi tre amici, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. La differenza di copertura mediatica tra i due casi è evidente.
Solo l’inchiesta a carico del figlio di Beppe Grillo fa clamore. Sull’indagine contro il terzogenito del presidente del Senato La Russa i media hanno messo la solita sordina
Poco si legge dell’approfondimento di indagine nei confronti del figlio di La Russa, al di là delle inevitabili polemiche sulle parole del padre nei giorni successivi alla denuncia (quando di fatto assolse il figlio dicendo ai giornalisti di averlo interrogato) e molto si è letto e si continua a leggere invece sulla vicenda del figlio di Grillo (che tenne un atteggiamento non dissimile, da padre, cercando di derubricare il tutto a una “cazzata tra ragazzi”). Ieri sul processo a Grillo Jr. che si tiene a Tempio Pausania si è innescata un’ulteriore polemica a seguito della deposizione della presunta vittima.
“Quella notte c’è stato un momento in cui mi sono sentita una preda”, ha raccontato la ragazza nella sua deposizione. A fare rumore però sono le domande che sarebbero state poste dalla legale di uno dei ragazzi, Antonella Cuccureddu, considerate troppo interessate a particolari scabrosi e soprattutto rispondenti al meccanismo di colpevolizzazione secondaria che interessa le vittime di stupro. Ieri la legale ha affrontato con durezza i giornalisti: “Vi ringrazio per quello che avete scritto – ha detto Cuccureddu -. Non credo che riuscirete a intimidirmi. Io continuerò a fare il mio lavoro nell’unico modo in cui lo so fare facendo il mio dovere professionale fino in fondo. Ho ricevuto centinaia di messaggi da colleghi, magistrati e anche giornalisti di solidarietà e supporto, ma d’altra parte anche tanti da colleghi e magistrati mi dicevano: ma avvocato, lei fa domande su come sono stati tolti i pantaloni. Questo perché voi avete stigmatizzato un elemento del fatto: non si può fare una violenza sessuale se uno ha i pantaloni”.
Per l’avvocata si tratta di semplici “domande sui singoli fatti”. Ieri durante una pausa del processo ha fatto sapere di aver avanzato una richiesta (non meglio specificata) al presidente del collegio, al quale ha fatto presente delle “pressioni” di questo caso che investirebbero anche il tribunale. Uscendo all’udienza ha dichiarato: “Ho rappresentato al tribunale quello che sta avvenendo sulla stampa, per aver fatto domande sullo specifico oggetto del processo, sono stata accusata di aver fatto qualcosa di non opportuno, quando è l’unica cosa che avrei dovuto fare e infatti ho fatto. Ho ricevuto solidarietà da giudice e pm, mi hanno detto di denunciare tutte le minacce che sto ricevendo in questo momento sui social. Ne ho parlato al tribunale”. Intanto le attiviste femministe dell’associazione Noi donne 2005 di Sassari stanno pensando a un sit in di protesta per le prossime udienze del caso, previste per i giorni 31 gennaio e 1 febbraio. La presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, Antonella Veltri, ha ribadito che “l’accertamento dei fatti è altro”.