Chiara Gribaudo, Vicepresidente del Partito Democratico e dal 2013 parlamentare. Dalla prima ora, una delle più convinte sostenitrici della Segretaria Elly Schlein che in queste ore ha definito l’esito del voto alle europee come un “risultato straordinario”. Come primo partito di opposizione usciti rafforzati da questa tornata elettorale. Cosa c’è ancora da fare per consolidare il risultato? Quali le battaglie che vi aspettano a Bruxelles?
“Per rafforzare il risultato occorre proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso: imporre al dibattito pubblico e parlamentare i temi del lavoro povero, precario e sfruttato, della sanità al collasso, della difficoltà delle famiglie ad affrontare gli aumenti dell’inflazione. Non per fare un semplice peana contro il Governo ma avanzando proposte alternative come stiamo facendo con la raccolta firme per la legge popolare sul salario minimo e la proposta di legge Schlein sull’aumento dei fondi per la sanità. Le battaglie a Bruxelles per le nostre e i nostri eurodeputati saranno in continuità con quanto fatto finora: anzitutto il rinnovo del Pnrr per dare opportunità di sviluppo e crescita alle imprese, alle università, alle scuole, ai nostri ospedali e servizi. E poi proseguire sulla strada delle transizioni ecologiche, digitali ed energetiche con una accortezza in più: evitare che a pagare siano i più poveri o anche semplicemente i cittadini. Il nostro Governo ha chiesto di finanziare le imprese che producono energie alternative aumentando le bollette della luce dei cittadini per 35 miliardi. Ecco, noi faremo il contrario”.
Veniamo al flop di Renzi e Calenda. Una sconfitta per entrambi dovuta forse a un eccesso di protagonismo individuale?
“Non mi interessa parlare del carattere e del protagonismo di Renzi e Calenda. Mi interessa il punto politico. Queste elezioni, più di altre, dimostrano plasticamente che lo spazio al centro può esserci ma è molto ristretto e pretende dai suoi leader una scelta. In una politica bipolarizzata come quella attuale, che non è decisa da oscuri manovratori ma sancita dal voto popolare, chi si pone al centro, in una posizione moderata o liberale deve scegliere se stare con il centrosinistra o con le destre. Questo è”.
Alla luce del crollo del Movimento 5 Stelle e della crescita di Avs, quali scenari possibili per le future alleanze nel Centrosinistra?
“Come ha detto la segretaria Schlein, il Partito democratico è oggi il punto centrale su cui costruire non solo l’opposizione ma anche l’alternativa al Governo Meloni. Oggi Meloni non ha la maggioranza dei voti, ma so bene che questo non si trasforma d’incanto nella maggioranza dei voti per le opposizioni. Occorre costruire una coalizione che abbia una vera proposta alternativa. I risultati elettorali, specie del Movimento 5 Stelle ma anche dei partiti di centro, credo che porteranno i gruppi dirigenti di quei partiti a delle riflessioni, a delle analisi. La domanda che io mi permetto di porre a quei partiti con cui siamo alleati anche con successo in molte parti d’Italia è: cosa vogliamo fare come opposizioni? Rimanere tali per sempre o fare un percorso di unità che, dal mio punto di vista, ci chiedono anche i nostri elettori? Vogliamo costruirla insieme questa alternativa o facciamo testimonianza?”.
Venendo alle alleanze mancate a livello territoriale, come legge la riconferma di Cirio in Piemonte? Sarebbe stato evitabile, come in Sardegna, se si fosse costruito una proposta unitaria con le altre forze in campo?
“Come dicevo prima in politica due più due non fa quasi mai quattro. A volte fa tre, a volte fa cinque. Quindi è difficile dire cosa sarebbe successo “se…”. Ripeto quel che dico da gennaio di quest’anno quando ci sono stati gli incontri (tardivi) con il Movimento per cercare una sintesi: sul programma l’accordo era al 90%, il resto erano dettagli. Saremmo riusciti così a dare un’idea di vera contendibilità e un entusiasmo diversi alla campagna elettorale. Il giudizio sulla giunta Cirio non era buono e anche il basso dato di affluenza lo conferma, ma serviva un’alternativa solida, unita, vera”.
Lei aveva dato disponibilità a candidarsi in Piemonte, come mai non è stata accolta? Le cose sarebbero andate diversamente?
“Chi lo sa? Non ho la sfera di cristallo e come si dice la storia non si fa né coi se né coi ma. La mia disponibilità (io non mi sono auto-candidata) era per aprire un dialogo mai iniziato ed ha con fatica aperto una nuova fase nella campagna del Pd che ha portato a una vera discussione interna e all’individuazione di una candidatura unitaria, quella di Gianna Pentenero. E, vede, tutto questo si è trasformato anche in un grande risultato per il Pd piemontese. Abbiamo aumentato le nostre percentuali sia rispetto alle regionali del 2019 che le politiche del 2022. Abbiamo eletto dodici consiglieri regionali, sei a Torino ed uno in ogni provincia. Siamo tornati a rappresentare tutto il Piemonte. E da oggi costruiamo l’alternativa senza perder tempo e senza fare testimonianza”.
So che lei non ama parlare di “campo largo”, ma di ritorno del centrosinistra. Ci spiega meglio cosa intende?
“Con una battuta potrei dirle che se una espressione ha avuto una vita sfortunata, direi che è meglio abbandonarla. Qualcuno ricorderà la “gioisa macchina da guerra” di Occhetto, non ne ha mai più parlato nessuno dal 1994. Detto più seriamente: il problema non è quello di trovare formule lessicali ma di costruire una coalizione politica alternativa alle destre che ci governano. E di alternativo alle destre, dal centro alla sinistra, c’è il campo del centrosinistra. Ma poi naturalmente continuiamo a parlare di contenitori, quel che interessa alle cittadine e ai cittadini sono i contenuti. Come abbiamo dimostrato in questa campagna elettorale. Lì ricostruiamo credibilità, lì vogliamo agire”.
Nel suo partito hanno davvero gioito tutti per il successo della Schlein alle europee? Non è un mistero che vi siano distanze interne anche su punti programmatici identitari come il superamento del Jobs act…
“Io so che ha gioito tutto il nostro popolo. Lo so dai messaggi, dalle telefonate, dagli incontri che ho fatto dopo la diffusione dei dati nazionali. E questo, da vicepresidente nazionale del partito è la prima cosa che mi interessa. Se ci sono dei dirigenti che non hanno gioito mi spiace per loro e credo che sbaglino. La linea politica del nuovo Partito democratico segnato da Elly Schlein è stato sancito dalle primarie e confermato dal voto delle elezioni europee. Come sempre, essendo democratici per natura e non solo per definizione come dimostrano le liste presentate, discuteremo tanto e anche di più sulle linee generali e anche sui singoli punti. Ma la strada è segnata. E premiata”.