Iconica è l’aggettivo che più di ogni altro descrive quello che è stato ma che in realtà continuerà ad essere Raffaella Carrà, che ieri si è spenta a 78 anni. Un termine comunque riduttivo per descrivere colei che più di ogni altra ha incarnato un simbolo, nell’immaginario collettivo lei è la televisione, lei è la “trasgressione” – come non pensare a quell’ombelico scoperto mostrato nella sigla di Canzonissima che negli anni ‘70 in cui persino le leggi sul divorzio e sull’aborto hanno faticato non poco per essere inserite dell’agenda politica ed essere approvate – che scandalizzava i bacchettoni in un’Italia che sembra così lontana e che a tratti è invece così vicina.
Ma la sua non era certo una provocazione fine a se stessa, il suo atteggiamento sbarazzino ma mai sopra le righe non era certo per épater le bourgeois. Meravigliare a buon mercato la gente per il gusto di scandalizzare non era certo la sua cifra stilistica. E anche il fatto che fosse universalmente accreditata come un’icona gay (Lgbt si direbbe oggi) è stato suo malgrado (“La verità è che morirò senza saperlo. Sulla tomba lascerò scritto: “Perché sono piaciuta tanto ai gay?”, dichiarò lei stessa in merito in un’intervista nel 2017), sebbene la cosa non le dispiacesse affatto, anzi.
Lei che non aveva bisogna di Instagram perché oltre al caschetto biondo, alle gambe e appunto all’ombelico (“Che cosa ci trovassero di tanto straordinario nel mio ombelico? Ci ha pensato mia madre a svelarlo: piace perché è un ombelico alla bolognese!”) aveva qualcosa da mostrare che oggi – soprattutto fra le cosiddette influencer che spopolano sui social ma non solo – è merce rara: il talento. Uno smisurato talento unito a caparbietà, meticolosità e mestiere in ogni cosa che faceva, a una volontà ferrea e a un’empatia fuori dal comune.
POLIEDRICA. Una showgirl completa: conduttrice, attrice, ballerina e cantante, è Pippo Baudo – uno che di tv e di talento se ne intende – a tracciarne meglio di chiunque altro, nella marea sconfinata di tweet, ricordi e messaggi di cordoglio che ieri si sono susseguiti senza soluzione di continuità dal mondo dello spettacolo a quello della politica, le peculiarità e a descrivere perfettamente ciò che la ‘Raffa nazionale’ ha rappresentato: “C’era un’asimmetria notevole con Mina, che era più alta, eppure lei annullava questa asimmetria. E poi, è una delle poche soubrette italiane, forse l’unica, che ha avuto successo nei paesi ispanici”.
E a tal proposito il conduttore ricorda che “Una volta in Spagna, a Plaza de Toros, c’era Raffaella Carrà da sola col suo gruppo, e ricordo intorno trentamila persone. Una cosa incredibile, un amore come per nessun’altra italiana”. Non a caso il sito del quotidiano spagnolo El Paìs, ieri ha così titolato: “Ci ha conquistati come nessun altro artista”, “Tristezza”, titola a caratteri cubitali il giornale argentino La Nacion, ricordando e celebrando la diva italiana anche come simbolo di emancipazione femminile: “La fiducia in se stessa che diffondeva, non compresa da alcuni e censurata da altri, era la sua arma strategica di ribellione”.
Ma già nel 2020 il giornale britannico Guardian la definisce “l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso”, non solo dunque i Paesi latini l’hanno accolta e celebrata – anche se Spagna, Argentina, Messico e Venezuela, insieme all’Italia sono quelli che più hanno apprezzato il poliedrico talento della Carrà – e oggi piangono la sua memoria e ricordano i momenti più belli di una carriera lunga e piena di successi arrivata oltre confine: “Ha mantenuto la sua tipica naturalezza, capace di cavalcare come nessun artista il difficile ponte dello spettacolo tra Spagna e Italia” scrive El Pais.
Nella penisola iberica oltre alle sue famose canzoni come Explode me, exploit me, esplodi? O Fiesta, è ricordata per i programmi Hola Raffaella su TVE e A casa con Raffaella su Tele 5. Ma la storia della Tv, ovviamente, Raffaella l’ha scritta nel nostro Paese: il primo successo arriva nella stagione 1969-1970 con lo spettacolo Io, Agata e tu dove la Carrà lanciava un nuovo stile. E poi Canzonissima, dove dà scandalo non solo per l’ombelico ma anche per il celebre balletto con Enzo Paolo Turchi, sulle note di Tuca tuca, censurato dalla Rai per via della coreografia giudicata troppo audace e provocatoria per l’epoca.
SHARE STELLARE. Ma censura o non censura, gli indici di gradimento e di ascolto toccano livelli inaspettati, consacrando Raffaella Carrà come la nuova stella dello spettacolo italiano. Notevole successo ottenne anche nel 1984 con Pronto, Raffaella, (quanti erano i fagioli nel vaso?), prima trasmissione Rai collocata nella fascia del mezzogiorno, andata in onda tra il 1983 e il 1985 che raggiunse ascolti straordinari. Dopo aver condotto nel 1986 Domenica in sempre per la Rai, nel 1987 passò per un breve periodo a Canale 5, per poi tornare nel 1991 a Rai 1 con il varietà del sabato sera Fantastico 12: celebre la boutade di Roberto Benigni che simula un amplesso con la conduttrice (qui il video).
Nel 1995 torna su Rai 1 con Carràmba! Che sorpresa, altro programma di successo, destinato a lanciare la prima commistione fra i generi, inventato insieme a Sergio Japino, suo storico compagno e amico di una vita (l’altro è stato Gianni Boncompagni, autore di storici successi tv e canori), al quale è spettato ieri dare il triste annuncio della scomparsa. Ma nella carriera di Raffaella non sono mancati il Festival di Sanremo (nel 2001) e i ‘moderni’ talent: nel 2013 diventa uno dei coach nel programma The Voice of Italy, talent show musicale di Rai 2 mentre nella stagione televisiva 2014-2015 tornò su Rai 1 con un nuovo talent chiamato Forte forte forte, che riprendeva il titolo di una delle canzoni più note della stessa Carrà, (anche questa remixata dal famoso Dj francese Bob Sinclar, oltre al brano cult A far l’amore comincia tu). E proprio quest’ultima hit è stata scelta da Paolo Sorrentino per la scena clou del suo La grande bellezza. L’Oscar vinto nel 2014 è anche un po’ di Raffaella.