Se non è un atto d’accusa poco ci manca. L’Autorità anticorruzione (Anac) guidata da Raffaele Cantone, ha inviato venerdì scorso un atto di segnalazione a Governo e Parlamento, pieno di “incongruenze” e “divergenze” riscontrate in tema di affidamenti e adempimenti dei concessionari autostradali. Riscontrando fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di distorta applicazione della normativa di settore, inclusi alcuni fenomeni sintomatici di singolari criticità e anomalie. Situazioni che hanno spinto l’Anac a sollecitare un intervento per affidare le concessioni scadute tramite procedure a evidenza pubblica oltre a verifiche puntuali da parte dei concedenti nei confronti degli adempimenti dei concessionari, allo stato carenti.
Ma non è tutto. L’Authority invita i concedenti a rivisitare le concessioni in essere, anche esercitando le prerogative di monitoraggio previste dalla normativa. Un’entrata a gamba tesa, quella di Cantone, che non è stata decisa come conseguenza del crollo del Ponte Morandi di Genova ma che riguarda un’attività di censimento svolta diversi mesi prima del disastro costato la vita a 43 persone. Proprio quest’ultimo evento, però, ha messo in risalto i dati raccolti dall’Anac che, oggi più che mai, assumono una nuova rilevanza e vanno a toccare un nervo scoperto del Belpaese. Il testo, infatti, punta il dito proprio sulla quota di lavori da affidare all’esterno e sui vincoli stabiliti dal Codice appalti in materia di concessioni autostradali dove risultano più che evidenti le differenze tra i dati economici comunicati dal Mit, in quanto concedente, e quelli comunicati dalla società concessionarie che, come si legge nell’atto, tendono a “sottostimare gli adempimenti a loro carico”. Proprio tra queste, come riporta l’Authority in quello che risuona come un pesante atto d’accusa, la situazione di maggior criticità è quella che riguarda proprio Autostrade per l’Italia (Aspi).
ASPI E I DATI SHOCK – L’azienda legata alla famiglia Benetton, infatti, è risultata quella con “il massimo scollamento dei dati esaminati”. La divergenza rilevata riguarda i titolari di concessioni autostradali che, stando alla normativa vigente, sono obbligati ad esternalizzare il 60% dei nuovi contratti mentre possono eseguire direttamente “in house”, cioè tramite aziende controllate, la restante parte dei lavori, ovvero il 40%. Eppure nonostante la norma sia chiara, Aspi l’avrebbe a lungo disattesa. Ancora una volta è l’atto dell’Anac a spiegarlo con decisione affermando: “I dati economici dichiarati nei moduli rispettivamente del concedente e del concessionario” sui valori e le percentuali dei contratti da affidare con procedure di evidenza pubblica sono “molto divergenti”. Una batosta per la società che, però, vede anche una precisazione finale da parte dell’anticorruzione secondo cui: “Non si può escludere una diversa interpretazione delle voci degli investimenti” ma neppure “la volontà del concessionario di non fornire questi dati”.