Nicola Gratteri non dà tregua alla ‘ndrangheta. Il Comando Provinciale dei Carabinieri, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nel maxi blitz di questa mattina ha eseguito ben 61 fermi. Una complessa e articolata attività investigativa nella quale risultano indagate 167 persone, di cui 33 detenute per altra causa, che risulterebbero legate alle principali famiglie ‘ndranghetiste della provincia vibonese.
Tutti gli indagati, a vario titolo, sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, violazione della normativa sulle armi, traffico di stupefacenti, corruzione, estorsione e ricettazione.
E ancora: turbata libertà di incanti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, favoreggiamento personale, procurata inosservanza della pena e falso ideologico, il tutto aggravato dal “metodo mafioso”.
L’inchiesta di Gratteri
L’inchiesta ha portato alla luce la geografia della criminalità organizzata nei comuni di Mileto, Filandari, Zungri, Briatico e Cessaniti. E sono stati ricostruiti ruoli, compiti e dinamiche dei capi, promotori, organizzatori e partecipi delle associazioni mafiose, evidenziando la loro forte vocazione economico – imprenditoriale e la capacità di intessere fluidi rapporti con colletti bianchi, politici e rappresentanti delle pubbliche amministrazioni.
In particolare è stata accertata la piena operatività sul territorio provinciale delle strutture di ‘ndrangheta della “Locale di Zungri” con le ‘ndrine di “Cessaniti” e “Briatico” e della “Locale di Mileto” con le ‘ndrine di “Paravati”, “Comparni”, “Calabrò” e “San Giovanni”, entrambe riconosciute dal “Crimine di Polsi” e soggette alle regole formali e sostanziali della ‘ndrangheta unitaria con accertati collegamenti con le famiglie della Piana di Gioia Tauro.
Le mani sull’Asp di Vibo Valentia
Nel corso delle attività investigative è stato documentato come elementi della criminalità organizzata abbiano condizionato e indirizzato le scelte di alcuni dirigenti medici dell’Asp di Vibo Valentia. Per farlo sono ricorsi anche ad accordi corruttivi, facendo valere il peso “contrattuale” ed elettorale dell’articolazione ‘ndranghetistica di appartenenza.
In particolare è emerso l’interesse della Locale di Mileto e della famiglia Fiaré di San Gregorio d’Ippona nella gestione del servizio di vettovagliamento per gli ospedali di Vibo Valentia, Serra San Bruno e Tropea. È stato inoltre contestato ad un altro dirigente medico della citata Azienda Ospedaliera il presunto rilascio di perizie compiacenti in favore di affiliati detenuti.
Ad un terzo sanitario del Dipartimento di Veterinaria è stata contestata l’ipotesi di violenza privata aggravata dal metodo mafioso. Per i pm si sarebbe rivolto ad un capo locale con la finalità di far desistere un collega dal presentare una denuncia nei suoi confronti. Accertate poi presunte infiltrazioni all’interno dell’amministrazione comunale di Cessaniti, dove un funzionario ‘aggiustava’ una graduatoria di un concorso pubblico per assumere un dirigente amministrativo vicino alla locale di Zungri.
È stata contestata un’ipotesi di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, aggravata dal metodo mafioso.
Tra gli indagati anche l’ex presidente della Provincia Niglia
Tra gli indagati compaiono anche l’ex sindaco di Briatico ed ex presidente della provincia di Vibo Valentia, Andrea Niglia, e il responsabile del servizio amministrativo del Comune di Cessaniti fino al primo gennaio 2019 e poi nominato collaboratore a titolo gratuito dell’ente, Filippo Mazzeo. Secondo l’accusa, quest’ultimo avrebbe consegnato a Niglia copia dei quiz della prova preselettiva del concorso pubblico per l’assegnazione di un posto di istruttore direttivo presso i servizi demografici. In seguito a ciò, Niglia è stato assunto dal comune di Zungri, che si è affidato alla valutazione, nel proprio ufficio anagrafe.
I rapporti con i colletti bianchi porti alla luce da Gratteri
In particolare è stato accertato che esponenti della criminalità organizzata, colletti bianchi e pezzi della società civile avrebbero ideato un sistema collaudato, volto, attraverso la costituzione di società cooperative di comodo, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, lucrando sul sistema dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei comuni di Joppolo, Mileto e Filadelfia.
Il tutto inducendo in errore il Comune di Vibo Valentia (quale ente “capofila” per tutta la provincia), il quale autorizzava la liquidazione delle spese. Per questo è stato calcolato un danno per l’erario di oltre 400mila euro, con denaro proveniente dal fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (costituito anche da fondi europei), gestito dal Ministero dell’Interno e previsto nella legge finanziaria dello Stato.
Ricostruite pure le dinamiche di presunte estorsioni a carico di una società aggiudicataria dell’appalto per la raccolta dei rifiuti nei comuni di Mileto e Briatico. I proventi (il 10% dell’importo a base d’asta) venivano ripartiti tra esponenti delle cosche di Mileto e di Zungri, a cui le vittime versavano circa 48mila euro l’anno per ciascuna consorteria.
Le armi dei clan
Nel corso del blitz ordinato da Gratteri sono state sequestrate anche numerose armi. Tra queste spiccano,fucili, pistole – molte delle quali con matricola abrasa – e un fucile mitragliatore AK-47 Kalashnikov, nonché un ingente quantitativo di munizioni di vario calibro. I fermati sono stati associati in carcere a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.