Gratteri e Bonafede papabili al Csm e scoppia il panico nella politica. Dopo scandali, liti e tensioni, il Consiglio superiore della magistratura prova a ripartire. E lo fa con una data che è già segnata di rosso sul calendario, ossia il 24 settembre, quando si svolgeranno le elezioni per rinnovare l’intero organo di autogoverno delle toghe.
Un appuntamento importante per il quale sono già iniziate le manovre da parte di pm e giudici, come anche dei papabili componenti laici. Per quanto riguarda i magistrati, il 18 settembre e il 19 ci saranno le votazioni per eleggere i membri togati.
Qui già si prefigura un vero e proprio scontro perché oltre ai candidati indicati dalle correnti, ci saranno anche esponenti a loro estranei che potrebbero sparigliare le carte. Negli ultimi tempi, infatti, si vocifera della possibile discesa in campo di Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro e simbolo della lotta alla ‘ndrangheta. Un nome forte e giudicato imparziale che potrebbe ridare dignità al Csm dopo lo scandalo Palamara che, però, sarebbe ancora in bilico.
Il procuratore, malgrado il pressing di molti colleghi indipendenti, per ora avrebbe declinato l’invito ma non avrebbe chiuso in modo definitivo a una simile eventualità. Quel che è certo è che con la riforma di Marta Cartabia, i posti a disposizione nel Csm per i magistrati sono passati da sedici a venti e che, almeno nelle intenzioni anche se molti esperti non ne sono convinti, il peso delle correnti dovrebbe diminuire.
Gratteri e Bonafede papabili al Csm, correnti e partiti pronti alle barricate
Ancor più agguerrita la partita dei cosiddetti componenti laici. Si tratta di avvocati e docenti universitari in materie giuridiche, con almeno 15 anni di esperienza, che vengono eletti dal Parlamento. Qui i posti a disposizione sono saliti da 8 a 10 e i partiti stanno già lavorando per trovare candidati di proprio gradimento. In queste ore il Movimento 5 Stelle starebbe valutando il nome dell’ex ministro Alfonso Bonafede, avvocato civilista, che porterebbe una ventata d’aria fresca nel Csm ma che non è gradito agli altri partiti della maggioranza.
Un dettaglio, questo, tutt’altro che secondario perché se M5S dovesse tirarsi fuori dal governo di Mario Draghi, allora difficilmente potrebbe portare a casa un nome che in troppi, in modo ingiustificato, giudicano come ‘divisivo’.