Grattacieli fantasma, scatta un’altra inchiesta a Milano: sequestrate le tre Torri Lac

Le torri, prive di piani urbanistici, sono in un'area di interesse ecologico. E gli oneri versati dai costruttori al Comune sono irrisori.

Grattacieli fantasma, scatta un’altra inchiesta a Milano: sequestrate le tre Torri Lac

Mentre la politica si arrovella su come “condonare” i presunti abusi edilizi dei grattacieli fantasma (oltre 150 cantieri, sui quali indaga la Procura di Milano) con un colpo di spugna degno del miglior Berlusconi, una nuova inchiesta scoperchia un’altra brutta storia dell’Urbanistica milanese.

Ieri infatti sono scattati i sigilli per il cantiere “Residenze LAC” di via Carcano 5, adiacente al Parco delle Cave, un’area che per il Pgt è di “interesse ecologico e preordinata alla realizzazione di interventi naturalistici a tutela degli elementi rilevanti del paesaggio e dell’ambiente, nonché alla riqualificazione di elementi fitologici e di spazi aperti permeabili”, come nota il procuratore Marcello Viola.

Indagato l’assessore all’Urbanistica di Torino

In tutto sono otto gli indagati a vario titolo per abuso edilizio, lottizzazione abusiva, falso e abuso d’ufficio. Tra questi l’attuale assessore all’Urbanistica di Torino ed ex presidente dell’Ordine degli Architetti di Milano, Paolo Mazzoleni (già indagato per la vicenda del palazzo Bluestone di piazza Aspromonte), vari dirigenti comunali e anche Giovanni Oggioni, allora responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia di Palazzo Marino, la proprietaria dell’area e lo sviluppatore.

Un copione sempre uguale

Per molti versi il copione è sempre il medesimo: un edificio industriale di un piano che si “ristruttura” magicamente in tre torri residenziali, alte rispettivamente 9, 10 e 13 piani (da 27 a 43 metri), destinate a 77 appartamenti, grazie a una semplice Scia.

Un procedimento “facilitato” che ha evitato la presentazione del Piano urbanistico (previsto per legge). E non è finita, perché la convenzione, anch’essa prevista per legge, non è mai stata votata né dalla giunta né dal Consiglio comunale, ma è stata sottoscritta da un funzionario di palazzo Marino davanti a un notaio.

Versati oneri irrisori alle casse del Comune

Inoltre il Comune avrebbe permesso che i costruttori monetizzassero oneri (cioè pagassero per il suolo mangiato e i servizi non costruiti) pari a “euro 193,45 al mq, fortemente sottostimato rispetto ai valori di mercato delle aree edificabili dello stesso ambito urbano”, scrivono i magistrati. In più avrebbero ottenuto un indebito abbattimento dell’Iva. In pratica, per costruire quelle tre torri che non potevano essere costruite secondo quell’iter, il Comune di Milano e lo Stato hanno perso anche dei soldi. Molti soldi…

La dirigente disse: “Mai più un’altra via Carcano”

Nel decreto di sequestro, il Gip riporta anche le raccomandazioni del direttore del Settore Pianificazione urbanistica generale del Comune, Simona Collarini, su quel progetto: “Dobbiamo cercare di non ripetere situazioni come via Cancano, dove la struttura commerciale ‘ha divorato’ gran parte della superficie fondiaria, obbligando a una soluzione progettuale delle residenze molto impattante”.

Per il giudice, “le parole utilizzate dal direttore”, per altro mentre la procedura era in corso, “restituiscono appieno la rilevanza dell’intervento edilizio, tanto che, a dire del direttore stesso, le modalità seguite per via Cancano non avrebbero dovuto ripetersi in futuro”.

Sempre per il Gip quel cantiere  è stato pensato e progettato “vanificando la potestà pubblica di programmazione territoriale” a “vantaggio di interessi privatistici”, cioè senza valutare la “concreta conformazione del territorio” su base “razionale” ed “equilibrata”. Un’edificazione pensata “senza alcuna considerazione” sulla “idoneità” dei terreni di “interesse ecologico” e sulle “esigenze del nuovo insediamento” abitativo.

Sequestro delle torri necessario perché il Comune non avrebbe agito

Per il gip inoltre il sequestro si è reso necessario perché “non è prevedibile” un “intervento in autotutela” da parte del Comune, poiché i suoi “rappresentanti” sono proprio “i principali concorrenti nei reati”. Gli indagati, infatti, hanno “contribuito a emettere il titolo edilizio invalido” con “modalità e prassi” prolungate nel “tempo” che sono del “tutto ‘inedite’” e “prive di fondamento”.