Accusata di dumping sul fronte pubblicitario e di violazioni del pluralismo, per cui ha già ricevuto una sanzione milionaria poi sospesa dal Tar, ma anche di scarso rispetto della parità di genere e di manipolazioni nei servizi mandati in onda. Ieri la Commissione Vigilanza si è trasformata in un plotone di esecuzione per la Rai. Tutti a sparare su viale Mazzini. Destre e non solo. Con il Pd critico o attento a mantenere il silenzio. Abbastanza per far ipotizzare che si stiano già formando delle alleanze per garantire la presidenza dell’Agcom, dove i vertici sono in proroga, al dem Antonello Giacomelli e garantire allo stesso tempo Silvio Berlusconi, che tra le principali preoccupazioni ha avuto sempre quella di non avere problemi con l’Authority. Tanto che i pentastellati, gli unici a difendere la Rai, hanno parlato di una riedizione del partito Mediaset.
L’AFFONDO. I prezzi per gli spot sulle reti pubbliche sono un’ossessione per i privati, Mediaset in testa. Denunciano una concorrenza sleale, fatta con tariffe basse da chi è comunque garantito dal canone. E ad avallare l’ipotesi del dumping ieri è stato, in audizione, l’attuale presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani (nella foto). “E’ stato impossibile risalire ai criteri di formazione dei prezzi ed individuare la connessione tra il listino e il prezzo effettivo, non risultando evidenti, chiari ed univoci i parametri la cui applicazione conduce alla rilevazione della necessità di risorse pubblicitarie ulteriori e in misura non prevalente rispetto alle entrate da canone al fine di svolgere la missione di servizio pubblico. E tanto anche in ragione del mancato riscontro da parte di Rai alle numerose richieste di fornire dati, formulate proprio allo scopo di analizzare l’iter di formazione dei prezzi effettivi di vendita degli spazi pubblicitari”, ha sostenuto il numero uno dell’Authority.
Cardani ha quindi precisato che, a seguito del mancato riscontro alle numerose richieste di fornire dati, è stato avviato nei confronti di viale Mazzini un procedimento sanzionatorio, che si è concluso con la delibera di archiviazione per intervenuta oblazione. In pratica la Rai ha pagato e chiuso così la partita. “Accedere a detto beneficio implica il riconoscimento, pur se implicito, della illegittimità della condotta posta in essere e oggetto di contestazione”, ha evidenziato Cardani. Accuse che sono suonate come musica alle orecchie di Forza Italia. Il deputato Giorgio Mulè ha parlato di “lacerazione istituzionale senza precedenti’’. La Lega, sull’ultima puntata di “Chi l’ha visto?”, ha parlato poi di squadrismo mediatico, mentre Federico Mollicone, di FdI, su report ha definito le risposte dell’azienda inaccettabili.
LA DIFESA Gli unici a difendere viale Mazzini sono stati i pentastellati. E sempre gli esponenti del Movimento 5 Stelle hanno puntato il dito su possibili accordi bipartisan relativi al futuro dell’Agcom. “Bisognerebbe parlare dei centri media, intermediari che gestiscono la vendita dei soggetti di spazi pubblicitari e trattano i prezzi e lo fanno con un diritto di contrattazione che rappresenta una doppia percentuale. Magari per favorire qualche altro competitor, come Mediaset. E in questo quadro si forma in una specie di partito Mediaset a danno della Rai”, ha sostenuto il senatore Alberto Airola. E il vicepresidente della Vigilanza, Primo Di Nicola, ha puntato il dito contro la stessa Agcom, sostenendo che ha un pregiudizio nei confronti della Rai, che non è più arbitro ma parte di un gioco.