Lotta al Covid, vaccini, salute e G20, ripresa e situazione nel Medio-Oriente, sono questi i temi che saranno al centro del consiglio straordinario europeo oggi e domani. Primo appuntamento a Bruxelles per il premier italiano, Mario Draghi, anche se in quei palazzi Super Mario si sente a casa. La pandemia di Sars Cov 2 che sta mettendo in ginocchio il mondo intero da quasi un anno continua a preoccupare. In particolare sul tavolo della due giorni ci sarà il tema della produzione di vaccini.
Cinque responsabili di governo, lo spagnolo Pedro Sanchez, la danese Mette Fredriksen, il belga Alexander De Croo, il polacco Mateusz Morawiecki e il lituano Gitanas Nazuseda hanno messo nero su bianco le difficoltà riscontrate nelle ultime settimane. Hanno evidenziato, dunque, la necessità di “integrare le nostre catene del valore per aumentare la capacità produttiva di vaccini in Europa, sostenere i produttori stabiliti in Europa nel caso in cui sorgano problemi inattesi nel processo di produzione: gli stabilimenti esistenti dovranno essere adattati e dovranno esserne costruiti di nuovi”.
Se da un lato occorre accelerare le prime vaccinazioni in questi mesi, dall’altro lato è necessario anche prepararsi a un’azione di lungo periodo per fronteggiare l’eventualità – non remota – di ripetere nel tempo i vaccini per di più da calibrare con le varianti del Covid-19. Uno sforzo di ricerca, produttivo, distributivo, di procedure per le vaccinazioni enorme. Oltreché finanziario. Ci si prepara, quindi, anche alla prospettiva di dover fronteggiare una domanda di dosi di dimensioni epocali.
Ursula von der Leyen ha dichiarato che nella Ue, sulla base dei contratti firmati con le case farmaceutiche, “sono stati consegnati 41 milioni di dosi e si prevede che ne arriveranno quantità significativamente maggiori”. In ogni caso non basta. Lo sforzo produttivo è ad oggi ancora insoddisfacente. Mentre il commissario all’industria Thierry Breton sta lavorando al censimento degli stabilimenti europei che potenzialmente possono produrre i vaccini, AstraZeneca ammette di nuovo l’insufficienza della sua produzione europea precisando che metà delle dosi destinate alla Ue nel secondo trimestre, 90 milioni, arriverà da stabilimenti non Ue.
Il commissario francese ritiene possibile che la Ue raggiunga la completa autonomia produttiva per quanto concerne i vaccini anti Covid-19 entro un anno e mezzo. Intanto in Italia proprio oggi il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, incontra il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi (nella foto), per delineare le possibili strade che il nostro paese potrà percorrere per contribuire alla produzione di vaccini.
Ma Giorgetti parteciperà anche al Consiglio Ue per la competitività aperto dal commissario al Mercato interno Thierry Breton che guiderà la task force europea sui vaccini con la “benedizione” del premier Draghi. Scaccabarozzi, che sta componendo una lista di aziende, aveva già spiegato che ci sono “molti stabilimenti” in grado di compiere un’impresa del genere, ma che “non si potrebbe realizzare prima di 4-6 mesi”.
l giorno dopo la notizia del 50% delle dosi da parte di Astrazeneca in Europa nel secondo trimestre il colosso anglo svedese, che produce e distribuisce il vaccino sviluppato dai ricercatori dell’Università di Oxford, con una nota fa sapere che “per quanto riguarda l’Italia, questa settimana supereremo 1,5 milioni di dosi consegnate e abbiamo l’obiettivo di superare i 5 milioni di dosi per la fine di marzo”.
E in riferimento al dimezzamento delle dosi già concordate con Bruxelles che “le date di consegna, la frequenza e il volume possono subire alterazioni dovute ai processi di produzione e alle tempistiche dei processi di controllo qualità. Non siamo ancora in grado di fornire previsioni dettagliate per il secondo trimestre. In ogni caso AstraZeneca conferma che lavora con l’obiettivo di essere in linea con quanto indicato nel contratto” e “con l’obiettivo di consegnare all’Italia più di 20 milioni di dosi”.
Ma potrebbe esserci un altro vaccino in arrivo, il monodose sviluppato da Johnson&Johnson. Il medicinale prodotto protegge dal Covid-19. Lo stabilisce un’analisi della Food and Drug Administration che pone le basi per la decisione finale sul siero, più facile da utilizzare rispetto a quelli già approvati. Gli scienziati dell’authority Usa hanno confermato che il vaccino ha un’efficacia di circa il 66% nel prevenire i casi Covid da moderati a gravi. Questo è solo un passo nella valutazione della Fda per l’approvazione di un terzo vaccino negli Usa. Domani i consulenti indipendenti dell’agenzia discuteranno se le prove sono abbastanza forti da raccomandare il siero.