All’inizio c’era solo qualche cambio di denominazione, ma ora il governo Meloni ha deciso di mettere mano all’organizzazione dei ministeri e non sarà un passaggio indolore. Al di là delle modifiche necessarie per governare il Pnrr (variazioni comunque non permanenti) le modifiche che l’esecutivo ha in mente sono tutt’altro che marginali. Nel corso degli ultimi mesi infatti il Consiglio dei ministri ha esaminato preliminarmente la modifica dei regolamenti di organizzazione dei ministeri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, delle Infrastrutture, delle Politiche agricole e della Transizione ecologica.
Il governo Meloni riorganizza le strutture dei ministeri. E come al solito moltiplica gli incarichi
Come ricostruito da Openpolis, sia il ministero dell’Università che quello del Turismo sono dicasteri recenti, che fino a pochi anni fa facevano parte di altre strutture e le cui competenze erano gestite da un Dipartimento. Una struttura articolata a sua volta in 3 direzioni generali. Già con la nascita del nuovo dicastero dell’Università, le direzioni generali erano da subito aumentate, diventando sei (incluso il segretario generale). Ma ora, col decreto legge 44/2023, le direzioni generali sono diventate otto, almeno sulla carta.
Attualmente, infatti, non è ancora entrato in vigore il nuovo regolamento del dicastero. Le competenze del ministero del Turismo invece fino al 2021 erano esercitate dal ministero della Cultura, attraverso un’apposita direzione generale. Con la nascita del ministero invece sono state previste quattro direzioni generali (incluso il segretario generale). A fine febbraio 2023, con l’approvazione del Dl 13/2023, il numero è cresciuto, passando a cinque e, solo due mesi dopo, è aumentato ancora arrivando a 7 (Dl 44/2023). Anche in questo caso comunque il regolamento non è ancora entrato in funzione.
Ma le novità più impattanti riguardano il Ministero dell’Economia e finanze, guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti. Nei mesi scorsi il ministero ha chiesto lumi al Consiglio di Stato per scorporare le competenze del Tesoro introducendo il dipartimento dell’Economia. La corte ha espresso parere favorevole pur suggerendo numerose modifiche ed esprimendo perplessità rispetto a un’operazione che si limita a scorporare da un dipartimento strutture già esistenti e funzionanti.
Il testo non è mai entrato in vigore ma il nuovo regolamento votato in Consiglio dei ministri lo scorso 26 luglio prevede il dipartimento dell’Economia e un altro per la Giustizia tributaria. Questa struttura assumerà competenze che attualmente sono esercitate dal dipartimento delle Finanze e in particolare dalla direzione generale per la Giustizia tributaria, incrementando i costi amministrativi del Mef di circa 2,4 milioni di euro l’anno.
Dall’Economia al Turismo, dall’Università alla Cultura. Le nuove posizioni sono già molte
Nel corso degli ultimi tre anni una direzione generale del ministero della Cultura è diventata un ministero composto di sei direzioni generali, un dipartimento del ministero dell’istruzione è stato trasformato in un ministero con sette direzioni generali e i dipartimenti del Mef sono passati da 4 a 6. A ognuno di questi passaggi corrisponde ovviamente un aumento del numero di posizioni di vertice, e di conseguenza un aumento dei costi o una riduzione di altre posizioni dirigenziali di livello inferiore.
Sembra non valere più il principio della riforma di fine anni ’90 per tenere a freno la proliferazione di nuovi ministeri, dipartimenti o direzioni generali. A questo si aggiunge il passaggio dall’organizzazione per direzioni generali a una per aree dipartimentali. Il risultato di tutto questo sforzo? Nuove nomine di dirigenti e, a cascata, delle strutture sottostanti. Un silenzioso spoil system fuori tempo massimo utile per allargare la vera “famiglia”, quella che non ha freni nell’assalto del potere.