di Miriam Moretti
Ci risiamo. L’Italia è per l’ennesima volta al centro del mirino delle organizzazioni internazionali. Questa volta è il turno dell’Unesco, riunito in un summit in Cambogia fino al 29 giugno, che ha bacchettato il nostro Paese a causa dello stato di grave abbandono e degrado in cui versa il sito archeologico di Pompei.
Lo scavo, annoverato nella lista dei beni appartenenti al Patrimonio dell’Umanità dal lontano 1997, rischia di essere iscritto nella Danger list dei beni “in pericolo”. Nonostante lo status di protezione e gli sforzi internazionali profusi per tutelare i 690 siti che fanno parte del Patrimonio, infatti, può sopraggiungere da parte dell’organizzazione la declassazione, che se non seguita dalle “importanti operazioni” richieste, può comportare addirittura la rimozione definitiva dalla lista.
Il rapporto
Una relazione dettagliata, interamente dedicata al patrimonio archeologico che veste le pendici del Vesuvio, lancia l’allarme sullo stato di conservazione del sito.
Il dossier, stilato dai commissari dell’organizzazione a seguito dei sopralluoghi e pubblicato sul sito dell’Unesco in inglese e francese, è anche corredato di fotografie. Immagini, queste, che mostrano la drammatica situazione in cui si trovano i beni inestimabili di Pompei nonostante i continui e costosissimi lavori di restauro. Pompei è letteralmente sul punto di marcire. Basti pensare al pavimento in mosaico della casa di Paquius Proculus, una delle costruzioni più note dello scavo, che nonostante i lavori di recupero è attualmente cosparso di chiazze gialle e marrone per una causa che non è ancora stata esattamente identificata e neutralizzata.
Lo stato di pericolo
L’umidità certamente non contribuisce al duro lavoro delle maestranze addette alla conservazione delle storiche costruzioni. Mantenere in buono stato di conservazione gli edifici è un’ardua impresa, e l’Unesco è ormai a un passo dal classificare il complesso archeologico come “in stato di pericolo”. Se così fosse, Pompei rischierebbe di perdere lo status di Patrimonio dell’Umanità. Allo stato attuale, soltanto una parte minoritaria del sito dello scavo è accessibile al pubblico, e secondo i commissari è ormai indifferibile la soluzione al problema dell’acqua piovana, il cui ruscellamento e ristagno è causa di gravi danni agli edifici. Per ovviare al problema è stato anche messo a punto un sistema di canali di scolo. Ma paradossalmente nel progetto, secondo quanto messo in luce dal rapporto, i canali sono previsti in salita. L’acqua potrà quindi defluirvi solo a patto di utilizzare una grande quantità di energia.
Per salvarsi, il sito archeologico necessita di importanti lavori di manutenzione e di restauro. Nelle circostanze in cui si trova al momento, infatti, andrebbe classificata come “a rischio”.
Se quindi nei prossimi due anni non saranno poste in essere le misure richieste per il recupero, che al momento sono ancora alla fase di elaborazione, l’Unesco renderà concreto il provvedimento.
Nuove aree visitabili
Nel frattempo ha riaperto al pubblico da pochi giorni la Casa degli Amorini dorati, dopo una serie di accurati interventi di restauro durati più di un anno. L’edificio, che era adibito a un’abitazione signorile, è una delle più note di Pompei per via degli affreschi di pregio e dei mosaici che ne documentano le varie fasi costruttive. La casa deve il nome ad alcuni dischi di vetro con foglia d’oro sui quali era incisa la figura di un Amorino, che decoravano la stanza da letto matrimoniale del proprietario. Mentre gli affreschi principali appartengono al cosiddetto Terzo stile pompeiano e illustrano episodi tratti dalla mitologia greca.
Gli interventi che hanno interessato la prima fase del restauro sono venuti a costare 420mila euro, e si è trattato di fondi della Soprintendenza. Per la fase successiva sono invece stati sufficienti 248mila euro, che sono stati impiegati in particolare nel recupero degli ambienti interni, dagli intonaci alla pavimentazione, e nel recupero del disegno originale del giardino.
A pochi giorni dalla riapetrura al pubblico (dopo il restauro del 2003 era visitabile solo su prenotazione), ha già richiamato una folla di turisti in visita.