Tra gli interessi di cassa della maggioranza e la propaganda elettorale delle opposizioni, gli stipendi dei parlamentari restano intoccabili. Perché i tagli alle indennità messi in cantiere sono destinati a naufragare dopo i soliti giochini. Da una parte “il Pd, sostenuto dagli alleati, ha intenzione di allungare i tempi del dibattito sulla legge”, spiega a La Notizia una fonte che ha seguito il confronto. Del resto non è un mistero che i dem vogliano rimandare tutto a dopo il referendum del 4 dicembre. Sull’altra sponda, invece, “c’è il Movimento 5 Stelle che vuole rivendersi l’operazione di comunicazione prima del voto referendario agitando l’anima anti-casta del proprio elettorato”, evidenzia la stessa fonte. La strategia del M5S è quella di alzare il tiro, mettendo sul tavolo una proposta irricevibile dagli altri partiti. Il motivo? Incassare il rifiuto e attaccare così la “casta”. In questa direzione è andato un emendamento, presentato dalla deputata del Movimento 5 Stelle, Roberta Lombardi, che avrebbe abbassato lo stipendio dei parlamentari al di sotto dei 3mila euro mensili. “Una follia”, commenta un deputato di lungo corso. A quel punto ogni discussione è saltata. “Parlare una manciata di ore di questo tema, e presentare come ha fatto l’onorevole Lombardi, un emendamento che è un insulto all’attività parlamentare, è fin troppo”, accusa Mara Mucci, deputata della commissione Affari costituzionali iscritta al Gruppo Misto. “Il M5S ha proposto un emendamento sostitutivo del testo unico su cui abbiamo fatto singolarmente il lavoro emendativo, che avrebbe ridotto all’osso la tematica, impedendo un serio lavoro di sintesi e di dibattito in commissione. L’intento del M5S è di buttarla in caciara, farsi bocciare la proposta, e gridare allo scandalo. Se non fosse così dovrebbe ritirare la calendarizzazione in Aula”.
TENZONE IN COMMISSIONE – Nella commissione Affari costituzionali della Camera è andata in scena l’anteprima di quel che accadrà il 24 ottobre, giorno in cui il testo approderà in Aula a Montecitorio. Inizialmente l’accordo era quello di predisporre un testo unificato per mettere insieme tutte le proposte presentate sul taglio degli stipendi agli onorevoli. Poi qualcosa si è inceppato. E ogni gruppo è andato per conto proprio. Il presidente della commissione, Andrea Mazziotti, ha spiegato la ragione procedurale che ha portato l’ufficio di presidenza a rimandare il confronto all’assemblea. “Il problema è stato il gran numero di colleghi iscritti a parlare. Non ci sarebbe stato il tempo materiale per votare gli emendamenti e trasmettere il testo entro il 24 ottobre. Così ho convocato l’ufficio di presidenza per decidere come andare avanti. In quella sede, a maggioranza (non erano d’accordo M5S e Sinistra italiana, ndr), è stato stabilito di rimandare tutto in Aula”. Un passaggio che ha mandato su tutte le furie i pentastellati: “I parlamentari sono sempre pronti ad approvare leggi che mettono le mani nelle tasche dei cittadini ma quando, invece, si chiede di mettere le mani nelle loro tasche fanno spallucce e voltano le spalle”. Dal Pd la replica è arrivata in via informale: “Noi vogliamo intervenire su tutte le voci, dall’indennità alla diaria, mentre i grillini vogliono toccare solo la parte dell’indennità, lasciando intatto tutto il resto. Allora abbiamo deciso di portare in Aula il testo della Lombardi”. A tentare la mediazione sono i deputati del gruppo Civici e innovatori: “Vorremmo parificare le indennità a quelle dei docenti universitari titolari di cattedra e non più ai presidenti della Cassazione”. Infine Mucci evidenzia un altro aspetto: “La proposta non tratta solo di ‘quattrini ai politici’, ma riguarda cosa debba essere la vita parlamentare, la possibilità di svolgere questo ruolo, l’autonomia ed il finanziamento all’attività politica”. Ma – chiosa la deputata – “è impossibile fare audizioni e avere un confronto maturo”.