di Angelo Perfetti
La Merkel alza la voce, poi calma i toni, poi riaccelera, torna indietro sull’ipotesi di sanzioni, poi minaccia conseguenza economiche devastanti. La questione Ucraina sembra essere al centro dei suoi pensieri, tanto da spingere l’Unione europea – che senza l’ok del Cancelliere non muove un dito – ad aprire una linea di credito di 11 miliardi di euro proprio nel momento in cui al resto dei paesi dell’Unione si chiedono sacrifici e spending review. Guarda caso una boccata di ossigeno proprio nel momento in cui Gazprom – controllata dalla Russia – intima a Kiev di pagare gli arretrati sulle forniture di gas, e guarda caso (ancora) appena poche settimane l’offerta, sempre della Ue, di appena 175 milioni di euro. ‘’Le nostre azioni nei confronti dell’Ucraina – ha fatto sapere Gazprom – sono assolutamente leali. Avremmo il diritto, da contratto, a fare appello alla clausola del pagamento anticipato, ma non abbiamo intenzione di farlo, per evitare il collasso economico dell’Ucraina e di minacciare il transito di gas verso l’Europa. Noi chiediamo che i nostri partner ucraini restino solvibili e non vogliamo una crisi del gas’’. Un vero e proprio Risiko nel quale non manca nulla: carri armati, soldi, poli energetici, aerei da combattimento. E strategie internazionali. Solo che questo non è un gioco.
Il conto economico
E’ del tutto evidente che la tensione in Ucraina nasce non tanto da spinte secessioniste interne (che esistono ma sono marginali rispetto alla popolazione russofona), quanto da interessi economici contrapposti tra Unione europea (col placet degli Stati Uniti) e Russia. E’ come sempre una guerra di potere, per gestire un mercato di quasi 50 milioni di persone in un territorio ricco di materie prime. Chi ha potere di acquisto investirà, ed è inutile sottolineare che nell’Unione europea il potere d’acquisto ce l’ha solo la Germania.
Verso il referendum
Stabilito lo scenario, per meglio comprendere i movimenti su uno scacchiere nel quale nessuno vuole mettere davvero in azione i carri armati, passiamo alla cronaca del count down verso il referendum secessionista della Crimea previsto per domenica. Per il commissario speciale dell’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (Osce) per l’Ucraina, Tim Guldimann., è “quasi un miracolo” che non ci
sia stato finora un bagno di sangue in Crimea. Il rappresentante dell’Osce ha sottolineato la “fortemoderazione” mostrata dalle autorità filo-europee di Kiev di fronte alle azioni dei gruppi armati filo-russi che “di fatto” hanno preso il potere nella penisola. Kiev, ha spiegato
Guldimann, “ha imposto alle sue forze dell’ordine la politica di non sparare visto che non ci sono state reazioni violente a delle vere e proprie provocazioni”.
La posizione Usa
Washington è pronta a compiere “passi seri” contro la Russia già da lunedì se Mosca agirà sulla base degli esiti del referendum di questo fine settimana sul destino della Crimea. Stati Uniti ed Unione Europea considerano infatti il voto una chiara violazione delle leggi internazionali. Kerry ha parlato della crisi ucraina dalla sede del Congresso americano, di fronte a una commissione del Senato. Il segretario di Stato ha inoltre chiarito che le forti tensioni con la Russia sulla questione ucraina “hanno il potere” di mettere in crisi il dialogo tra Washington e Mosca su una possibile soluzione al conflitto siriano.
Intanto sei F-16 americani sono atterrati nella base di Lask in Polonia, su richiesta di Varsavia, preoccupata per gli sviluppi della crisi in Ucraina. Washington entro la settimana dovrebbe inviare altri sei aerei militari e un totale di 300 soldati. Secondo la tv di Stato polacca, un velivolo da trasporto Usa e’ atterrato a Lask con un primo contingente di soldati e materiale militare. Già la settimana scorsa gli Stati Uniti avevano inviato cinque F-15 in Lituania per rafforzare la sorveglianza dello spazio aereo del Paese baltico. Ma la soluzione militare è l’ultima tra tutte le soluzioni possibili.