Appena arrivato a Bruxelles, fermandosi a parlare con i giornalisti, il premier italiano Giuseppe Conte si è mostrato ottimista: “Adesso non è il momento di dire chi sarò il commissario. Abbiamo delle chance sicuramente per far recitare all’Italia il ruolo che merita. Abbiamo tutto l’interesse e la determinazione per rivendicare per l’Italia le posizioni che merita”. Sorriso rassicurante e via ad incontrare gli altri capi di Stato e di Governo dei 28 Paesi membri. Compresa Theresa May che, nonostante le sue dimissioni, si è presentata per portare in riunione gli interessi del Regno Unito, nonostante (o, forse, proprio per) il capitolo Brexit.
Dopo più di due ore di riunione, però, il sorriso del premier non si è riconfermato: Conte è andato via poco prima degli altri senza rilasciare dichiarazioni alla stampa. Segno, molto probabilmente, che non tutto sia andato secondo i propri desiderata. Il rischio, più che concreto, è infatti che l’Italia resti isolata in Consiglio. Per una doppia ragione: innanzitutto perché il nostro Paese esce da un periodo “florido” in fatto di ruoli apicali (Mario Draghi alla Bce, Antonio Tajani all’Europarlamento, Federica Mogherini come Alto Rappresentante) e, dunque, difficilmente potrebbe richidere altro ruolo-chiave; in secondo luogo non bisogna sottovalutare il fatto che Lega e Cinque stelle, forti in Italia, in Europa appartengono a gruppi di minoranza, tenuti fuori dai ruoli più delicati nello scontro europeisti – antieuropeisti.
PARTITA APERTA. Quel che è certo, ovviamente, è che un ruolo in Commissione, qualunque esso sia, spetterà anche al nostro Paese. A premere sui candidati, ovviamente, è soprattutto Matteo Salvini, visto il risultato delle europee. Tra tutte le voci, quella che giorno dopo giorno si fa più insistente è quella del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, da qualcuno definito l’alter ego di Salvini o l’uomo che parla all’Italia produttiva. Della terna – nonostante lui abbia già detto più volte di voler restare a fare il presidente della Regione Veneto – continua a far parte anche l’ex ministro dell’Agricoltura Luca Zaia (nella foto), considerando proprio che l’anno prossimo proprio in Veneto si dovrà andare a votare e, dunque, non sarebbe altro che una chiusura “anticipata” del suo governo regionale.
Due nomi, questi, che potrebbero ottenere facilmente il placet del Movimento, considerando che non appartengono, notoriamente, all’ala più radicale della Lega. E se una candidatura col netto marchio del Carroccio non dovesse farcela a superare il fuoco di sbarramento che attende i sovranisti in Ue, il nome del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi potrebbe rivelarsi l’asso nella manica, il jolly – molto gradito agli ambiente vicini al presidente della Repubblica Sergio Mattarella – con cui vincere una partita che però al momento appare tutta in salita. E con la certezza, quasi matematica, che il ruolo da ricoprire all’interno della Commissione sarà marginale e non di rilievo (Industria o Economia) come chiesto dai due vicepremier nei giorni scorsi.