Chissà se tra qualche tempo non si parlarà di un nuovo Juliane Assange o Edward Snowden. Quel che è certo è che lo scoop del New York Times, iniziato con una rivelazione ‘bomba’ sull’invio di informazioni riservate dagli 007 americani a quelli ucraini che sono costate la vita a una decina di generali russi, continua ad ingigantirsi con l’ulteriore fuga di notizie che, questa volta, sarebbero collegate all’affondamento dell’incrociatore russo Moskva.
Affondamento dell’incrociatore russo Moskva. Altro scoop del New York Times che inguaia Biden
Sostanzialmente la tesi sostenuta nell’articolo – e ripresa su diversi altri media tra cui Nbc News – è che gli americani, su richiesta delle forze di Kiev, hanno confermato che una nave nel Mar Nero, segnalata dagli ucraini, era l’incrociatore Moskva appartenente alla Marina della federazione, fornendone inoltre la posizione. Informazioni preziose e decisive che hanno permesso a Kiev di colpire l’ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero con almeno tre missili.
Quel che è certo è che quanto sta accadendo, con i media americani che stanno rispettando a pieno il proprio compito di quarto potere, ripercorre in tutto e per tutto lo schema classico già visto con i due noti informatori americani. Di fatto proprio come accadeva con Assange e Snowden, le informazioni diffuse dal quotidiano americano non sono farneticazioni giornalistiche e nemmeno fanta-teorie ma si basano su fatti concreti che vengono forniti da whistleblower di prima scelta ossia funzionari dell’intelligence americana e militari di alto rango. Non solo.
Proprio per la rilevanza delle informazioni diffuse sta creando non pochi imbarazzi a Joe Biden e al Pentagono, tanto che entrambi sono intervenuti sostenendo che le rivelazioni del New York Times sono false e che comunque costituiscono una sorta di minaccia per il proseguo del conflitto. Che la guerra possa ulteriormente aggravarsi, con Vladimir Putin che a questo punto potrebbe ufficialmente indicare gli Stati Uniti come cobelligeranti, a questo punto è piuttosto probabile.
Del resto siamo di fronte a un’emorragia di informazioni riservate che arrivano in una fase delicatissima della guerra, con l’Armata rossa che procede lentamente e il Cremlino che – forse per questo motivo – mostra i muscoli mettendo in allerta e avviando esercitazioni da parte delle proprie forze di deterrenza nucleare. Ma c’è di più. Per uno strano scherzo del destino la seconda puntata dello scoop del Nyt, in cui si denuncia la co-responsabilità americana nell’affondamento del Moskva, arriva proprio nel giorno in cui un altro missile ucraino ha seriamente danneggiato l’incrociatore ‘Admiral Makarov’ ovvero il più grande e potente dell’intera flotta del Mar Nero.
Davanti a una simile fuga di notizie, non può bastare la precisazione del Pentagono che ieri – non sapendo dell’uscita di uno scoop bis – si è limitato a “negare di aver fornito informazioni che consentissero alle forze ucraine di eliminare alti ufficiali russi vicino al fronte”. Tra l’altro si è trattato di una mezza smentita visto che il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha poi aggiunto che è “vero che gli Stati Uniti trasmettono informazioni a Kiev per aiutare gli ucraini a difendere il loro Paese”.
Se possibile è stata ancor più grossolana la spiegazione offerta dalla Casa Bianca che ha definito il Nyt “irresponsabile” visto l’alto rischio che informazioni simili possano portare a un’escalation. A questo punto, però, si può dire che la frittata è fatta e bisogna chiedersi chi e perché sta rivelando i segreti inconfessabili dell’amministrazione Biden in questo conflitto. La sensazione, confermata da numerosi analisti, è che questa fuga di notizie è un atto d’accusa nei confronti del loro commander in chief, ossia il presidente americano, per come sta conducendo questa guerra che, con mosse avventate, potrebbe davvero sfuggire di mano.
L’unica certezza è che i media americani hanno fatto e stanno continuando a fare il proprio dovere. L’esatto opposto di quanto accade in Italia dove troppo spesso sui media mainstream, quasi fosse un dogma, viene sostenuta la linea del governo. E chiunque solleva dubbi viene immediatamente tacciato di essere filo putiniano. Non solo. Al momento, dati alla mano, l’Italia è il quarto fornitore di armi all’Ucraina ma tutt’ora non sappiamo bene cosa inviamo e sembra che la cosa non interessi a nessuno.
Un dato che è riservato quasi soltanto da noi visto che la Germania di Olaf Scholz, tanto per fare un esempio, ha detto chiaro e tondo di aver inviato i tank Ghepard – specializzati nell’antiaerea – a cui ieri ha aggiunto anche l’invio di nove potenti obici ossia artiglieria. Per non parlare del fatto che in Italia perfino il chiedere al governo di Mario Draghi di riferire in Parlamento sulla gestione della guerra (leggi l’articolo), come ha fatto Giuseppe Conte, sembra essere diventato reato di ‘lesa maestà’.