Mario Turco, senatore e vicepresidente del M5S, tarantino doc. Che idea si è fatto dell’informativa del ministro Adolfo Urso sull’ex Ilva?
“L’informativa del ministro Urso è risultata vuota di contenuti e non ha fornito alcuna soluzione ad un dramma che vede il governo Meloni completamente assente. La solita politica del piagnisteo e dello scaricabarile, del tutto priva di una visione strategica e scevra di alcuna prospettiva, è andata ancora una volta in scena in Aula con un ministro che non si è degnato neppure di dedicare una parola al tema ambientale e sanitario di Taranto”.
Le destre e Carlo Calenda vi accusano di patti parasociali tra ArcelorMittal e Invitalia penalizzanti. Ma non fu il leader di Azione da ex ministro a puntare su Mittal?
“Patti parasociali a firma del governo Conte II non ne esistono. Il ministro Urso dovrebbe sapere che i governi non possono firmare tali accordi, afferenti a un istituto tipico del diritto privato societario. L’unico documento siglato dal Conte II fu l’accordo fra Invitalia e ArcelorMittal, che è pubblico, con cui si stabilì la nazionalizzazione dell’impresa, la ridefinizione della compagine societaria e della governance del colosso indiano e la diversificazione produttiva senza la minima penalizzazione per i lavoratori, al contrario delle voci messe in giro dal centrodestra”.
Sempre secondo Calenda la colpa è da rintracciarsi nella scelta da voi compiuta di eliminare lo scudo penale. È vero?
“Calenda aveva favorito l’ingresso di Mittal all’interno di un’impresa che si diceva ‘strategica’ per il Paese, occultando nel bando di gara e nel relativo contratto di affitto che ex Ilva era sotto sequestro per disastro ambientale, con il rischio di confisca. Rimuovere lo scudo penale è stato un atto di civiltà e democrazia posto in essere dal M5S: fu Calenda a promettere a Mittal un futuro impossibile. Non esiste Paese al mondo che abbia garantito ai Mittal tale immunità”.
Quali le soluzioni del governo Conte?
“Il cambio di paradigma del Conte II muoveva dalla necessità di nazionalizzare il siderurgico e prevedere la chiusura di tutte le fonti inquinanti, la diversificazione industriale con nuovi impianti elettrici alimentati a idrogeno verde e soprattutto nuovi insediamenti produttivi, come abbiamo fatto con il Gruppo Ferretti. Avevamo anche intercettato importanti finanziamenti europei per oltre 2 miliardi, in ambito del Pnrr e del transition fund. Prevedevamo il ritorno di Fincantieri e l’insediamento di Ferrovie dello Stato e Anas. Accanto alla diversificazione industriale abbiamo associato il piano di riconversione economica, sociale e culturale del territorio, con il ‘Cantiere Taranto’, con una dotazione di oltre 1,3 miliardi, che ha permesso di far nascere l’università di medicina di Taranto, e di finanziare la riqualificazione della città vecchia, le bonifiche, i giochi del Mediterraneo e tanti altri progetti in corso di realizzazione. Adesso i progetti di diversificazione sono stati tutti cancellati dal governo Meloni. Assurdo”.
Che cosa ha fatto l’esecutivo Meloni in questi sedici mesi?
“Oltre a sprecare 680 milioni di euro con un prestito senza garanzia per le imprese, a reintrodurre lo scudo penale e a riservarsi di autorizzare il nuovo riesame Aia con annessa continuità produttiva a carbone, il Governo Meloni si è rivelato incapace di proporre una soluzione alternativa al caso Taranto”.
La soluzione è il ritorno al controllo pubblico?
“Se si definisce un’azienda come ‘strategica’ per il Paese non si rischia di lasciarla in mano a multinazionali coperte da scudo penale. Oltretutto consentendo loro di fare il bello e il cattivo tempo, senza reali investimenti sugli impianti nell’ottica della sicurezza dei lavoratori, nonché della prevenzione dell’inquinamento, in armonia con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.
Mercoledì c’è stato il blitz dei carabinieri del Noe di Lecce, nello stabilimento di Taranto, per acquisire documentazione sui livelli emissivi degli impianti. Oltre alla bomba sociale rischiamo anche quella ambientale e sanitaria. Che ne pensa?
“Ben venga l’attività investigativa delle Fdo, affinché la giustizia per Taranto e per i tarantini assuma contorni sempre meno aleatori. Gli ultimi dati Arpa relativi al 2023 certificano un aumento di sostanze inquinanti cancerogene, sopra le soglie consentite dalla legge. Il MoVimento 5 Stelle continuerà la sua lotta per riportare Taranto in una dimensione di diritto che sia lontana dal ricatto occupazionale in essere, attraverso la stipula di un accordo di programma che definisca tempi e risorse per la riconversione, mettendo al centro lavoratori, cittadini e imprese”.