Che la riforma della Giustizia sia un tema fondamentale per l’Italia lo sappiamo da tempo. Ma che sia diventata una priorità non più rimandabile ce lo dice il Recovery Plan che lo inserisce tra i requisiti per ottenere i fondi europei per la ripartenza dopo la pandemia da coronavirus.
Per questo il ministro Marta Cartabia ha chiesto ai partiti di cooperare per rinnovare l’intero comparto in modo condiviso. Parole sagge che sembrano scontrarsi con i numerosi nodi che tutt’ora dividono le diverse forze politiche e che sono emersi con chiarezza dalla decisione di rinviare a venerdì il termine, inizialmente previsto per la giornata odierna, della presentazione degli emendamenti alla delega penale in Commissione Giustizia della Camera.
Del resto i nodi ancora da districare in tema di giustizia sono numerosi, come anche i mal di pancia, a partire dalla riforma del Consiglio superiore della magistratura, travolto dallo scandalo dell’ex pm Luca Palamara. Se l’ex guardasigilli grillino, Alfonso Bonafede, si era battuto per mettere fine alle “porte girevoli” tra consiglieri del Csm ed ex membri del governo o del Parlamento, tale punto è sparito dal progetto di riforma della Cartabia. Quest’ultimo, infatti, si concentra sul tentativo di migliorare l’efficienza del sistema e la gestione delle risorse umane oltre al garantire un “esercizio del governo autonomo della magistratura, libero da condizionamenti esterni”.
QUESTIONI IRRISOLTE. Ancor più divisivi sono il tema del processo penale e il nodo prescrizione. Proprio qui si registrano i maggiori distinguo tra le forze politiche e non a caso questo sembra essere il capitolo più vago dell’intero testo di riforma. Base di partenza è semplificare il sistema degli atti processuali creando uno “strumento telematico per il deposito di atti e documenti” a cui si aggiunge l’intenzione di ridurre i tempi della fase di indagine e di udienza preliminare attraverso la “rimodulazione dei termini di durata e della scansione termini, il controllo giurisdizionale sulla data di iscrizione della notizia di reato e l’adozione di misure per promuovere organizzazione, trasparenza e responsabilizzazione dei soggetti coinvolti nell’attività di indagine”.
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Per velocizzare i processi il testo resta altrettanto generico richiamando di voler puntare ad ampliare il ricorso ai riti alternativi “incentivando i benefici ad essi connessi”, rendendo più rapido il “dibattimento di primo grado” e riducendo il numero di procedimenti “intervenendo sulla procedibilità dei reati”.
RITARDI CONTINUI. Non meno importante è il tema del processo civile che, come raccontato ieri alla Camera dal presidente del Consiglio Mario Draghi, “nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi” tanto che “in media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado contro i 200 della Germania”. Per questo “il Piano rivede l’organizzazione degli uffici giudiziari e crea l’Ufficio del processo, una struttura a supporto del magistrato nella fase conoscitiva della causa” inoltre “nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale e si dà definitivamente attuazione al processo telematico”.
Stando a quanto emerge dal testo della Cartabia il punto di partenza è il disegno di legge delega presentato in Senato dall’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel gennaio 2020 che prevede, tra le altre cose, un ampliamento delle “garanzie di imparzialità” degli arbitrati, l’estensione dell’applicazione dell’istituto della mediazione e della negoziazione assistita (da allargare alle famiglie non matrimoniali) e dell’istituto della mediazione.