Oramai è solo questione di tempo: a breve conosceremo il nuovo stato del M5S, gli attivisti potranno votarlo sulla nuova piattaforma pentastellata e così potrà iniziare il tanto agognato nuovo corso dei pentastellati. Dopo settimane in cui era più che una mera ombra l’ipotesi di scissione, alla fine è prevalso il buon senso: Giuseppe Conte e Beppe Grillo hanno mediato (leggi l’articolo), e hanno trovato un’intesa (per alcuni, come spesso accade in questi casi, più favorevole a Grillo, per altri più a Conte). “Determinante è stato lo scontro interno – riferisce un parlamentare pentastellato – dopo la riforma della giustizia licenziata dal Consiglio dei ministri”.
In effetti quel provvedimento, che pure aveva ricevuto l’ok da parte dei ministri pentastellati, è ben lontana da quella a cui aveva lavorato l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. E non a caso è la giustizia uno dei temi di maggiore discussione in vista del nuovo M5S. Perché, al di là delle beghe interne (che ovviamente restano), rimane una domanda che tutti si pongono: che veste avranno i “nuovi” Cinque stelle? Sul punto in realtà, secondo quanto risulta al nostro giornale, la visione di Grillo e quella di Conte sono state sin da subito omogenee. Entrambi, nei vari confronti che si sono avuti con i sette big che hanno avuto il compito di mediare (a cominciare da b), hanno sottolineato che occorre un cambio di passo rispetto al governo oggi guidato da Mario Draghi.
I NODI DA SCIOGLIERE. Diversi i temi su cui non si può in alcun modo cedere, pena la tenuta stessa dei gruppi parlamentari. A iniziare dalla “transizione ecologica”. A detta dei parlamentari pentastellati qui lo schiaffo è duplice: non solo della svolta ecologista al momento non c’è traccia, ma la beffa è che Roberto Cingolani è stato nominato ministro “in quota” M5S. Un doppio passo falso che i parlamentari M5S non hanno mai digerito e che ora, con un nuovo corso e una leadership salda, vogliono sanare. Sia Grillo sia Conte hanno le idee chiare: nessuno sconto a Draghi – a costo anche di chiedere la sfiducia a Cingolani o, come extrema ratio, uscire dalla maggioranza – in nome di una nuova e più marcata identità green del Movimento. Questo però non vuol dire abbandonare i temi da sempre cari al Movimento e su cui in questi anni i pentastellati hanno condotto battaglie instancabili.
“Ciò che sembra – commenta ancora il parlamentare M5S – è che giorno dopo giorno, al di là della presunta stima di Draghi nei confronti di Conte, questo governo stia cancellando tutti i provvedimenti degli esecutivi precedenti: prima il cashback, poi il blocco dei licenziamenti, ora il Reddito di cittadinanza…”. Già, anche su una delle norme bandiera del Movimento, Conte mirerà ad avere maggiori garanzie: al di là del poco appetibile referendum di Matteo Renzi per abrogare la norma, l’ex presidente del Consiglio chiederà, appena la leaderhip diventerà formale, una presa di posizione più chiara, netta e trasparente dal suo successore. Resta, infine, la questione della giustizia. Non c’è dubbio che è questo il tema maggiormente divisivo.
“Non possiamo dimenticare – fanno osservare fonti del M5S – che sia il governo gialloverde che quello giallorosso sono caduti guardacaso proprio quando si sarebbe dovuto cominciare a discutere della riforma Bonafede”. Mera coincidenza? Difficile dirlo. Ma quest’aspetto – avrebbe osservato lo stesso Conte – è sintomo della bontà di quella riforma, dello stop alla prescrizione e della velocizzazione dei processi penali e civili.
Sul punto, peraltro, il vertice grillino ha smentito l’indiscrezione secondo cui Draghi avrebbe ottenuto garanzie direttamente da Grillo per telefono. Resta, tuttavia, il dubbio sul perché nessun ministro abbia alzato la mano per bloccare o quantomeno frenare la riforma presentata dalla ministra Marta Cartabia. Un dubbio che potrebbe avere risposte nelle prossime settimane. Dopo la votazione del nuovo statuto e del nuovo leader. Quando Conte dirà chiaramente che senza le giuste modifiche quella riforma non sarà votata dai Cinque stelle.