Una stretta agli incarichi extragiudiziali dei magistrati. E’ quanto propone una delibera che sarà discussa domani al plenum del Consiglio superiore della magistratura. E che punta ad introdurre un freno alle cosiddette ‘carriere parallele’ delle toghe, ossia al continuo transito di magistrati da una funzione extragiudiziaria all’altra anche ben oltre il limite decennale di possibile permanenza fuori ruolo. Laddove la proposta dovesse passare, si registrerebbe una piccola, rivoluzione. Significativa in questo ultimo scorcio di consiliatura, alla luce della nuova composizione del Csm delineata all’esito del rinnovo dei membri togati e laici che siederanno a settembre a Palazzo dei Marescialli. Nella delibera si tuona contro gli incarichi, a favore di “soggetti – si legge nella proposta firmata dai consiglieri uscenti Piergiogiorgio Morosini (togato di Area) e di Alessio Zaccaria (laico indicato dai 5 Stelle) che vuole modificare l’interpretazione di una circolare del 2014 – che solo formalmente sono rimasti magistrati, pure godendo dei relativi vantaggi, ma in realtà si sono dedicati per tutta la loro vita professionale o quasi, ad altro godendo di ulteriori, aggiuntivi vantaggi”.
La proposta, che non si applica a tutta una serie di magistrati, come per esempio quelli impiegati al Quirinale, nelle Authority, alla Consulta e nelle Corti internazionali, prevede invece per tutti gli altri che prima di accedere ad un nuovo incarico, rientrino in servizio per almeno tre anni. Per gli estensori della proposta infatti la previsione di un periodo di sospensione massima decennale, non comporta un “diritto” del magistrato a permanere fuori ruolo continuativamente per dieci anni sempre e comunque. E questo non solo per consentire ad una platea più ampia di fare un’esperienza fuori dalle aule di giustizia . Ma anche per evitare di creare “rendite di posizione: in altri termini l’annidamento di corpi estranei all’interno dell’ordine giudiziario”.
In questi casi, in presenza di un nuovo incarico non basterà la semplice conferma, ma sarà necessario un intervallo con il ritorno alle funzioni giudiziarie. La delibera è prodiga di esempi: si vuole scoraggiare quanti dopo essere stati nominati esperti presso un ministero desiderino essere destinati a una commissione parlamentare. Oppure vogliano passare da un ministero ad un altro. O rimanere all’interno dello stesso ministero, per esempio quello della Giustizia, passando da una funzione ad un’altra.
“L’introduzione di una tale disciplina non è preclusa, bensì appare opportuna, per non dire addirittura dovuta alla luce dell’esigenza di perseguire l’interesse dell’amministrazione della giustizia”, si legge ancora nella proposta di delibera in cui si sostiene che “se un più limitato ricambio nelle posizioni fuori ruolo con un più limitato arricchimento del corpo della magistratura nel suo complesso considerato, determina, per così dire un lucro cessante, il fenomeno delle carriere parallele, sostanziandosi in una sottrazione ingiustificata di risorse, si risolve in un vero e proprio danno emergente”.