Un disastro annunciato. Alla vigilia della giornata mondiale dell’acqua, lascia senza fiato la fotografia scattata dall’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), che ieri a Vercelli hanno chiesto più infrastrutture e bacini idrici in un convegno per i 100 anni delle bonifiche con i ministri Salvini e Pichetto Fratin.
Alla vigilia della giornata mondiale dell’acqua, lascia senza fiato la fotografia scattata dall’Anbi: in 24 mesi ben il 38% delle aree agricole irrigue è stato interessato da siccità severa-estrema
Un dato su tutti: in 24 mesi, cioè da febbraio 2021 ad oggi, ben il 38% delle aree agricole irrigue è stato interessato da siccità severa-estrema. Altro che deserto, dunque. Anche in Italia non è più così fantascientifico parlare di zone aride, ai limite del desertico. Ma c’è di più. Il settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, pur in un contesto leggermente migliorato, certifica che l’Italia non ha più grandi fiumi. Resta largamente insufficiente, infatti, la portata del Po che, pur godendo di un leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano.
Non va meglio altrove. In Veneto, l’Adige scende al di sotto dei -4 metri sullo zero idrometrico: non era mai successo dal 2015, tanto per dare un’idea. Ai livelli più bassi del recente passato è anche la Livenza, mentre cala la Piave e restano sostanzialmente stabili Bacchiglione e Brenta. Scarse permangono le precipitazioni, certamente insufficienti a risolvere una situazione di grave crisi idrica; sulle Dolomiti, l’altezza media del manto nevoso si attesta sui 40 centimetri. Inarrestabile in Lombardia è il tracollo dell’Adda,le cui portate rimangono addirittura inferiori a quelle dell’anno scorso; sono in calo anche gli altri fiumi della regione, dove le riserve idriche erano inferiori sia alla media storica (-61%!) che al siccitoso 2022 (-11%).
E ancora: nonostante i deflussi ridotti al minimo, il lago di Garda (riempimento: 37,9%) resta in grave crisi: da settimane staziona vicino al minimo storico. La situazione non migliora in Piemonte, dove restano scarse le precipitazioni (solo una ventina di millimetri nel novarese); ciò nonostante i fiumi Pesio, Tanaro e Stura di Demonte segnano una leggera crescita, mentre restano stabili Stura di Lanzo ed Orco. Scendendo più a Sud, in Romagna, dopo i forti apporti pluviali della settimana scorsa, tornano sotto media i fiumi Savio e Lamone, che però si mantengono sopra i livelli del recente quadriennio; crescono la Trebbia ed il Reno, la cui portata è inferiore di quasi il 57% alla media, ma superiore di oltre il 400% rispetto a quella del 2022.
Sono in calo anche i livelli dei corsi d’acqua del Centro Italia, dove non si sono registrati significativi eventi meteo. In Toscana, tanto per dire, diminuiscono le portate dei fiumi Serchio, Arno, Sieve ed Ombrone. In Umbria, l’altezza del lago Trasimeno continua ad essere inferiore alla media (-73 centimetri) e si abbassa di quasi 40 centimetri, il livello del fiume Tevere, che decresce anche nel Lazio. E così via, fino alle punte più meridionale della Calabria.
Gargano: “È pensabile risolvere il problema, dissalando l’acqua del mare? I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare”
Ecco perché, come spiega Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, la soluzione di dissalare l’acqua può solo arginare il problema ma senza risolverlo: “È pensabile risolvere il problema, dissalando l’acqua del mare? I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare. Insieme all’efficientamento della rete idraulica ed all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate?”.
Una ricerca Ipsos dimostra come gli italiani abbiano già cambiato parte delle loro abitudini per tutelare l’acqua
Una situazione disastrosa, dunque. Dinanzi alla quale pare che i cittadini siano più consapevoli delle stesse istituzioni. In attesa di capire i prossimi passi della politica, una ricerca Ipsos dimostra come gli italiani abbiano già cambiato parte delle loro abitudini per tutelare l’acqua. Il 94% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di aver modificato le proprie abitudini domestiche in relazione agli elettrodomestici, riducendo l’uso del riscaldamento (52%), della lavatrice, usandola meno e solo a pieno carico (46%) e prestando maggiore attenzione ai consumi: 50% per l’energia e gas e il 38% per l’acqua. L’impegno verso la tutela dell’acqua si conferma anche quest’anno in aumento, col 77% degli intervistati che ha dichiarato – in un’ottica di sostenibilità – di provare comunque a ridurre lo spreco d’acqua nel quotidiano. Inevitabile se non vogliamo diventare uno stivale arido e secco.