Seimila morti di amianto ogni anno, nonostante la messa al bando della fibra killer risalga ormai a 24 anni fa. Nella giornata mondiale delle vittime contro l’amianto, il quadro resta a dir poco drammatico, a causa anche della negligenza delle istituzioni che, sia a livello nazionale che regionale, tra rinvii e inspiegabili rimandi, ancora non si adoperano per lanciare fattivamente i piani per rendere aggiornati censimenti e mappature. Eppure, come denunciano i deputati M5S in Commissione Ambiente, il Governo aveva annunciato un testo unico sull’amianto di cui oggi non c’è traccia. Ma non basta. Perché intanto “i fondi per le vittime e per la prevenzione vengono continuamente distratti verso altre voci di spesa”. E si arriva anche al paradosso dato che in alcune zone d’Italia ancora si estrae amianto. È il caso della cava di Orune in Sardegna, attiva fino a pochi mesi fa.
VITTIME IN AUMENTO – Il risultato è che, ancora oggi, in Italia si muore per amianto. E i dati non sono confortanti poiché in drammatico aumento. Secondo le ultime stime parliamo di circa seimila vittime ogni anno, fra tumori polmonari, malattie correlate e mesotelioma. Sedici morti ogni giorno. Due ogni tre ore. Senza contare gli oltre 21mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2012.
Ma d’altronde non potrebbe essere altrimenti vista la vastità dell’area contaminata. Le stime fornite dagli studi del CNR-Inail parlano di ben 32 milioni di tonnellate presenti in Italia. Solo nei siti da bonificare che rientrano nel Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente si contano 75mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto. Ed entrando ancora più nel dettaglio, il quadro emerge in tutta la sua drammaticità: oltre duemila scuole e luoghi pubblici ad alta frequentazione sono contaminate; 6.913 sono invece gli stabilimenti industriali ancora da bonificare. Un numero “altino” se si pensa che, secondo la mappa del ministero dell’Ambiente, non ancora aggiornata, sono invece soltanto 779.
RITARDI MORTALI – E davanti a questi dati allarmanti è ancora incompleta la documentazione inviata dalle Regioni al ministero dell’Ambiente. Il Piano Regionale Amianto (Legge 257/92), secondo l’ultimo aggiornamento di Legambiente, manca ancora in cinque regioni: Abruzzo, Calabria, Molise, Puglia e Sardegna. La Calabria, addirittura, non ha mai inviato alcun report annuale. Ma non basta. Perché lo smaltimento rimane l’altro anello debole della catena, essendo solo 24 gli impianti autorizzati a ricevere materiali contenente amianto, distribuiti in solo 11 Regioni (Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata, Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano), ma con volumetrie a disposizione sempre in constante calo. Qualcuno aveva provato a muoversi. Con l’ex ministro dell’Ambiente, Renato Balduzzi, si era giunti a un Piano nazionale di bonifica. Peccato però che dal 2013 non sia mai entrato in vigore.
Ecco allora che gli interventi di bonifica, avvenuta o in corso, sono ancora molto indietro su gran parte del territorio. Secondo stime di Legambiente, ai tassi attuali ci vorranno almeno 85 anni prima di arrivare ad un’azione di risanamento dalla pericolosa fibra.
Qui di seguito, i dati di Legambiente Regione per Regione (dati 2015):
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