Partiamo dalla fine e cioè dalla smentita: “In merito al colloquio con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pubblicato sul Corriere della Sera, si precisa che l’unico tema trattato è stato il Recovery Plan. Tutte le altre ricostruzioni contenute nell’articolo, incluse quelle relative al cosiddetto rimpasto e al ruolo di Luigi Di Maio e Matteo Renzi, non solo non corrispondono a parole espresse dal Presidente del Consiglio ma non corrispondono neppure ai suoi pensieri”. L’articolo contestato da Palazzo Chigi è quello centrato appunto sul Recovery Fund e sulla organizzazione progettata da Conte per rendere la macchina efficiente per gestire quei 209 miliardi di euro che servono all’Italia come il pane per uscire dall’emergenza economica dovuta alla pandemia.
In effetti l’articolo riporta abbastanza dettagliatamente il sistema di “ingegneria esecutiva” messo su all’uopo: una cabina di regia guidata dallo stesso Conte e coordinata da due ministri, Roberto Gualtieri (ministro delle Finanze) e Stefano Patuanelli (nella foto, ministro dello Sviluppo Economico), adiuvati da Vincenzo Amendola (ministro agli Affari europei), poi un “Comitato esecutivo” di sei manager che gestisce ognuno una task force di 50 esperti, insieme ad un Comitato di garanti (sei persone) magari nominati dal Quirinale. Poi l’articolo scivola misteriosamente verso altri temi: i rimpasti al governo.
“Non possiamo soddisfare le ambizioni di qualcuno” con una decisa stoccata a Renzi, “avendo fondato un partito nuovo forse non ha ottenuto quello che voleva”, avrebbe detto Conte. Che, gli viene attribuito, si sarebbe convinto che il pressing per il rimpasto parta da Di Maio e Renzi piuttosto che dai Cinque Stelle e il Pd. Il tutto, si badi bene, con l’artificio sapiente di utilizzare un discorso indiretto e non virgolettato. Queste insinuazioni sono state prontamente smentite dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi, come abbiamo riportato fedelmente in apertura. E dire che sono mesi che non si fa altro che parlare di rimpasti e rimpastini, cercando di destabilizzare il governo, iniettando il virus del dubbio nella compagine governativa senza contare che le voci di rimpasto, tra l’altro, riguardano anche il ministro Patuanelli che invece è stato indicato in cabina di regia.
Se le voci non fossero chiacchiere da Camera –scusate il gioco di parole- amplificate dai media, sarebbe illogico coinvolgerlo nella struttura più delicata che avrà il governo, anzi lo Stato e poi licenziarlo. Ma Il Corriere della Sera non è certo l’unico a scrivere di rimpasti. Praticamente tutti i media ne hanno parlato ed allora ci si pone una domanda e cioè che ruolo hanno i media in tutto questo? Che giornalismo è quello che ricicla in continuazione chiacchiere di corridoio che vengono poi sempre smentite? È possibile avere una informazione seria e rigorosa, che si documenti rigorosamente prima di parlare e di mettere in bocca al politico di turno affermazioni false? Nel caso del Corriere, ripetiamolo, l’utilizzo del discorso indiretto appare un metodo che già è un evidente indizio se non una prova. Perché riportare sempre i virgolettati di Conte –e cioè quello che in grammatica si chiama un discorso diretto- tranne che per il rimpasto che diviene invece indiretto?