L’ultimo a intervenire è stato ieri l’ex sottosegretario con delega all’editoria del governo giallorosso, Andrea Martella, del Pd, che dalle pagine di Repubblica ha chiesto all’esecutivo di Giorgia Meloni di ripensarci sull’abolizione della pubblicità legale sui quotidiani. E a chi faceva notare che questo taglio ce lo chiede l’Europa, Martella ha fatto notare che Palazzo Chigi non ha esitato a dare battaglia a Bruxelles quando c’era da difendere l’interesse dei concessionari balneari, mentre in questo caso, dove è in gioco la trasparenza nella spesa pubblica, non è stato mosso un dito.
L’abolizione della pubblicità legale mette a rischio la sopravvivenza di molti giornali ed è un colpo fatale alla trasparenza nella spesa pubblica
D’altra parte, la posta in gioco fa gola a un governo che non sopporta le critiche e dunque ha più di qualche problema con la stampa indipendente. Giornali che rischiano di chiudere in blocco, perché oggi potrebbe diventare definitivo un provvedimento che toglie in un colpo solo circa 50 milioni agli editori, condannando alla chiusura molti di quelli più piccoli e indipendenti.
Oggi il Parlamento sarà chiamato a confermare il parere negativo espresso dal governo agli emendamenti al decreto di attuazione del Milleeproroghe
Il momento della verità è fissato per oggi, quando il Parlamento sarà chiamato a confermare il parere negativo espresso dal governo agli emendamenti al decreto di attuazione del Milleeproroghe. A presentare questi emendamenti, che chiedono di confermare la pubblicità legale, dunque la pubblicazione di tutti i bandi e gli estratti di gara che impegnano denaro pubblico sul nuovo portale dell’Anac, ma di prorogare almeno per quest’anno gli stessi annunci anche sui quotidiani, garantedo così la massima visibilità.
In un Paese ad alto tasso di corruzione, ha dell’incredibile, infatti, che l’esecutivo blocchi quel poco di trasparenza che c’è sulla spesa pubblica proprio per mezzo dei bandi pubblicati sui quotidiani. E parallelamente tolga una delle fonti di sostegno al settore dell’editoria quotidiana. Il mancato gettito dei circa cinquanta milioni di euro agli editori farà un nuovo danno a un settore in grave crisi, con la particolarità però di colpire fino a un certo punto i grossi imprenditori che controllano diverse testate, mentre si assesterà un colpo mortale ai pochi proprietari di giornali indipendenti e senza la porcheria del contributo pubblico.
L’abolizione manderà a casa anche diverse centinaia di dipendenti delle aziende che raccoglievano questa pubblicità da ministeri e enti locali
Una mossa dal sapore fortemente illiberale, contro cui si sono espressi persino alcuni parlamentari della maggioranza, compresa Fratelli d’Italia. Nei giorni scorsi però il governo ha dato parere negativo a questi emendamenti, anche di Forza Italia, su cui sono riposte le ultime speranze di molte centinaia di lavoratori. Oltre ai giornalisti e al personale delle testate che salteranno senza gli introiti della pubblicità legale, questa mazzata manderà a casa anche diverse centinaia di dipendenti delle aziende che raccoglievano questa pubblicità dai ministeri e dagli enti locali.
Si verrà a creare, insomma, una nuova crisi occupazionale paragonabile a quella di una grande azienda, con la differenza che queste società specializzate nella raccolta della pubblicità legale sono mediamente piccole e distribuite sul territorio nazionale. Così la loro importanza sfugge alla consapevolezza comune, ma per tutti i dipendenti di queste imprese il regalo che sta per arrivare dalla Meloni si annuncia come fatale.