Sono mesi che gli oltre cento tavoli di crisi aziendali non vengono convocati dal Ministero dello sviluppo economico, nonostante le numerose richieste unitarie delle organizzazioni sindacali al ministro Giancarlo Giorgetti. Migliaia le lavoratrici ed i lavoratori che attendono risposte sul proprio futuro, con il rischio di impoverimento dei tessuti industriali e con impatti drammatici per la tenuta occupazionale di interi territori.
A lanciare l’allarme, con una nota congiunta, ieri sono stati Fim, Fiom e Uilm, facendo divampare le polemiche in corso da giorni sulla paralisi dell’attività del Mise sul fronte dei tavoli di crisi. In realtà, con il precedente Governo, i tavoli si sono ridotti in un anno e mezzo da 150 a 99, 65 dei quali aperti e gli altri relativi soltanto a tavoli di monitoraggio, dove un controllo costante, in particolare nei settori in crisi, è fondamentale.
Numeri a parte, il nodo però resta appunto quello dello stop a un lavoro così delicato da parte del Ministero dello sviluppo economico, in situazioni in cui va seguito ogni singolo passaggio per evitare che sfuggano completamente di mano, ma la crisi di governo aperta da Matteo Renzi prima e le lungaggini relative alla formazione di un nuovo esecutivo poi hanno appunto bloccato tutto.
LE ACCUSE. I sindacati ieri sono tornati a specificare che al ministro leghista Giorgetti, sin dal giorno del suo insediamento, hanno inviato diverse sollecitazioni per la convocazione di incontri urgenti, a partire da Blutec, dove il progetto di reindustrializzazione di Termini Imerese rischia di scomparire ancora prima di partire se non vengono individuate con urgenza modalità e risorse per garantire la continuità occupazionale per gli oltre 700 lavoratori più l’indotto.
Fim, Fiom e Uilm hanno poi sottolineato che non è più rinviabile l’apertura di un tavolo specifico per il settore dell’automotive e che la sola politica degli incentivi non è sufficiente a sostenerne il rilancio. “Le grandi trasformazioni in atto e la crisi del mercato – dichiarano i sindacati – richiedono un intervento urgente e specifico per l’individuazione di un piano strategico che governi la transizione, ponga obiettivi e individui investimenti per il rilancio del settore e la tutela dell’occupazione. La situazione sta diventando sempre piu’ insostenibile, in ballo ci sono migliaia di posti di lavoro e il futuro di un settore strategico come quello dell’automotive”. Fim, Fiom e Uilm hanno quindi chiesto al ministro dello sviluppo economico delle risposte concrete, annunciando che in caso contrario si mobiliteranno con le lavoratrici e i lavoratori.
IL QUADRO. Le aziende in crisi rappresentano un’emergenza, ma al Mise non sembrano avere fretta. Fatta eccezione per rarissimi casi in cui è intervenuto Giorgetti, come Alitalia e Whirlpool, vanno così peggiorando le situazioni, oltre che di Blutec, di Jindal a Piombino, dell’ex Embraco, della Sicor di Rovereto, di Piaggio Aerospace Liguria, delle Officine Meccaniche Cerutti Piemonte, dell’Acc Belluno, dell’Ilva e delle Acciaierie Ast Terni, tanto per citarne alcune.
Il ministro non ha inoltre ancora assegnato le deleghe ai suoi vice. Nel Conte 2 la delega ai tavoli di crisi era assegnata al viceministro pentastellato Alessandra Todde, che al momento non ha deleghe. Ma c’è di più. Il 3 marzo Giorgetti ha convocato infatti il tavolo sulla Corneliani, un’industria dell’abbigliamento coinvolta in una procedura di concordato che da mesi sta bloccando l’ingresso di Invitalia nel capitale dell’azienda, e ha deciso di non chiamare al tavolo proprio la Todde, che fino a quel momento si era occupata della vertenza.
“Non perdano ulteriore tempo, convochino i tavoli di crisi e ascoltino i sindacati dei lavoratori”, ha dichiarato Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana, rivolgendosi al ministro e alla maggioranza che sostiene il Governo Draghi. Sulle deleghe Giorgetti deciderà forse la prossima settimana e a quanto pare con delle novità rilevanti. Il ministro sembra infatti intenzionato a rimettere in piedi una struttura interna al suo gabinetto per occuparsi direttamente dei tavoli di crisi.