Sul caso Bonafede Matteo Renzi continua a fare lo smargiasso. Nella sua e-news lega il destino della mozione di sfiducia al Guardasigilli – che si voterà domani al Senato – a una sorta di sondaggio tra i suoi fan: “I numeri sono ballerini e Iv potrebbe essere decisiva. Voi che idea vi siete fatti?”. A Palazzo Madama i senatori (17 quelli di Renzi) non saranno chiamati al voto solo sulla mozione presentata dalle opposizioni ma anche su quella di Emma Bonino. Battezzata “mozione Tortora” è sostenuta anche da Azione, con Matteo Richetti, e da alcuni senatori di Forza Italia. A fomentare gli azzurri è sempre il deputato Enrico Costa, che flirtava con il senatore fiorentino già ai tempi della battaglia contro Alfonso Bonafede sulla prescrizione.
L’ex premier ha sguinzagliato i suoi per veicolare le solite velate minacce: non è detto che non voteremo la mozione Tortora. Tutto dipenderebbe dalla “volontà” del premier di inviare, o meno, un segnale di reale interesse nei confronti delle proposte di Iv: dalla giustizia all’economia (il piano shock sui cantieri), dalle imprese alla famiglia. Giuseppe Conte ha già avuto modo di incontrare una delegazione di Iv il 7 maggio, nel pieno della querelle sulla regolarizzazione dei lavoratori in nero, e in quella sede avrebbe promesso loro un nuovo faccia a faccia. Questo incontro dovrebbe tenersi a ore. E dovrebbe servire a dissotterrare le mine renziane per evitare incidenti in Senato. Dopo che mercoledì parlerà Bonafede, Renzi ha promesso di riunire il gruppo per prendere una decisione.
Nel precedente vertice – la partita sull’emersione dei rapporti di lavoro è andata poi a buon fine per Iv – il premier ha reso evidente la sua linea che è quella del dialogo con tutti ma ha posto anche l’esigenza di viaggiare compatti, senza smarcamenti e senza la volontà di piantare bandierine. Bonafede non è solo il ministro della Giustizia è anche il capo delegazione M5S al governo. Votare a favore della sfiducia equivale a far saltare il banco. E se salta non pare esserci alternativa al voto. Così la pensa il premier, così va ripetendo il Pd (per Zingaretti la sfiducia è una mossa “legittima” ma “strumentale” delle opposizioni e “in quanto tale va respinta”), così soprattutto la vede il Quirinale. Una prospettiva che allarma Renzi il quale invece aspirerebbe a un nuovo governo senza Conte e senza passare dalle urne. Ecco perché la convinzione dei più è che alla fine la maggioranza si compatterà.
E che quello di Iv è solo un bluff, un gioco al rialzo. Che comunque irrita gli alleati che hanno fatto quadrato attorno al premier e a Bonafede. Tra i grillini serpeggia il timore che il senatore fiorentino rinvii la resa dei conti all’autunno, quando la pandemia presenterà il conto per l’economia. In quella sede, con il governo alle prese con una manovra finanziaria complessa, Renzi potrebbe ritirare i suoi ministri e offrire l’appoggio esterno. L’esecutivo si troverebbe di volta in volta a dover fare i salti mortali per garantire la maggioranza sui vari dossier, magari andando a pescare tra i responsabili di FI. Una prospettiva quest’ultima che spaccherebbe il M5S. Il premier e i pentastellati rimangono convinti del fatto che qualora qualcuno intenda rompere dovrà farlo alla luce del sole, assumendosene la responsabilità in Parlamento. Il capo politico dei pentastellati, Vito Crimi, avvisa: “Le questioni che riguardano la maggioranza si discutono all’ nterno della maggioranza. Se qualcuno intende strumentalizzare questa mozione di sfiducia per ottenere altro, si assumerà la responsabilità delle conseguenze. Mi aspetto che la maggioranza voti compatta”.