A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina. E in questo caso a pensare che dietro al fallimento della riunione in videoconferenza dell’Eurogruppo che dopo 16 ore si è risolta con un nulla di fatto per la ferma opposizione dell’Olanda a qualsiasi forma di compromesso, ci possa essere la Germania sarebbe molto facile. La realtà è più complessa perché se è pur vero che dalle parti di Berlino non si voglia neanche sentir parlare di eurobond o coronabond (proposti da nove Stati membri con Italia e Francia capofila) è altresì vero che la Germania alla fine si era convinta al via libera ad un Mes a condizioni “light”, ovvero senza il ricorso ai rigorosi controlli incrociati degli organismi comunitari. Modello Grecia, per intenderci.
Utilizzare il Mes senza alcuna condizionalità semplicemente non è fattibile: qualsiasi ricorso ad esso comporta delle condizionalità, perché lo prevede il trattato che lo ha istituito e dunque rimarrebbe ovviamente la condizione che i soldi vengano usati per far fronte all’emergenza causata dalla pandemia e non per risanare debiti pregressi. Ma questo ormai è pacifico, solo il ministro olandese Wopke Hoekstra fa finta di non capire e continua a sproloquiare di fantomatici debiti italiani che i Paesi Bassi si dovrebbero accollare. E invoca la Troika: l’Olanda sarebbe disposta ad accettare che la condizionalità per i paesi che ricorreranno al Fondo venga “alleggerita”, ma solo in una prima fase. Più tardi in una seconda fase, gli olandesi ritengono che bisognerà comunque che i paesi sostenuti dal Mes ritornino alla “sostenibilità finanziaria” (leggi intervento della Troika).
Il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz è stato chiaro in merito: “Non abbiamo bisogno della Troika, di ispettori, e di un programma di riforme scritto dalla Commissione per ogni paese”. E anche a nome del suo omologo francese, ha pubblicato un tweet congiunto in cui si appella ai paesi europei affinché si trovi un’intesa, un accordo “ambizioso” sulle risposte comuni alla crisi economica legata al coronavirus: “In queste ore difficili l’Europa deve stare unita e vicina. Insieme a Bruno Le Maire chiedo a tutti i paesi dell’euro di non rifiutare di risolvere queste difficili questioni finanziarie e di facilitare un buon compromesso, per tutti i cittadini”. Lo spieghi al regno delle multinazionali: Amsterdam, per il regime fiscale adottato, viene scelta come sede legale delle maggiori aziende di tutto il mondo.
Comprese quelle italiane, sia beninteso, come ha tenuto maliziosamente a sottolineare nei giorni scorsi lo stesso presidente Giuseppe Conte: “L’Olanda è anche tra i Paesi che si avvantaggiano molto del contributo delle imprese italiane. Perché molte grandi imprese che pure hanno i principali stabilimenti in Italia e ricavano i maggiori profitti nel nostro Paese poi beneficiano della legislazione fiscale olandese, molto più conveniente”. Su mandato del premier – incalzato dalle opposizioni e dal M5S – il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha tenuto testa al collega olandese, spiegando che l’Italia non può accettare l’austerità per una crisi di cui non ha colpe. Inutili i tentativi di mediazione e gli innumerevoli testi di compromesso proposti da Centeno, Le Maire e Scholz: Olanda e Italia sono rimaste irremovibili nelle loro posizioni opposte.
Oggi ci sarà un altro vertice e un’altra occasione per capire se e cosa rimane di quest’Unione Europea. In questa situazione, con queste divisioni, è facile prevedere che l’Eurogruppo finisca senza accordo. Nel qual caso, con tutta probabilità, la palla passerà di nuovo al Consiglio europeo, per continuare il negoziato a livello di capi di Stato e di Governo.