Giochi aperti fino all’ultimo per le nomine nelle grandi partecipate pubbliche. A far trasparire che non è chiuso alcun accordo è stato ieri l’ex capo politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, confermando di fatto quanto scritto fino a ieri solo da La Notizia, al contrario di numerosi altri giornali che davano come cosa fatta un gran numero di conferme degli amministratori uscenti, per non parlare delle fantasiose ricostruzioni sui Cinque Stelle che mercanteggiano poltrone manco fossero gli eredi poveri di Nicolazzi, storico esponente socialdemocratico degli anni in cui pure i piccoli partiti beccavano qualcosa.
Da maggiore forza della maggioranza di governo, il Movimento sta invece ponendo le questioni di fondo rispetto alla sostenibilità e all’impatto occupazionale dei progetti industriali dei manager in carica e di quelli rimasti in una lista che è al centro delle valutazioni con gli alleati di Pd, Leu e Italia Viva, il ministro Gualtieri, i tecnici del Mef e in ultima istanza il premier Conte. Su queste nomine “c’entra poco il discorso continuità o discontinuità”, ha detto il ministro degli Esteri rispondendo alle domande dei parlamentari, durante l’audizione alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato.
“La speranza, da ministro e da cittadino – ha aggiunto – è che si possa individuare il meglio per il Paese”. E in questo meglio per i 5S non c’è posto per l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi (nella foto), imputato per corruzione internazionale, nonostante pare che abbia fatto di tutto per accreditarsi col premier. Così come non c’è posto per l’Ad di Finmeccanica, l’ex banchiere discusso Alessandro Profumo, e il presidente uscente della stessa società, Gianni De Gennaro, capo della polizia ai tempi delle torture nella scuola Diaz di Genova.