Un giallo sempre più fitto quello sulla morte di Giulio Regeni. “Prove esplosive sul coinvolgimento degli apparati egiziani nel rapimento e nell’omicidio di Giulio Regeni. Prove raccolte dall’amministrazione Obama e girate al governo Renzi nelle settimane successive al ritrovamento del corpo”. La clamorosa rivelazione, dei giorni scorsi, è stata riferita dal New York Times Magazine a 24 ore dall’annuncio del governo italiano di rimandare l’ambasciatore al Cairo, tra le proteste della famiglia del ricercatore italiano. Fonti di Palazzo Chigi hanno replicato sostenendo che, nei contatti tra amministrazione Usa e governo italiano avvenuti nei mesi successivi all’assassinio del ricercatore, non furono mai trasmessi “elementi di fatto”, come ricorda lo stesso giornalista del New York Times, né “tantomeno prove esplosive”.
Il corpo di Regeni fu ritrovato, come si ricorderà, il 3 febbraio del 2016. Secondo la ricostruzione del New York Times, gli Stati Uniti acquisirono delle “informazioni di intelligence esplosive dall’Egitto: prove del fatto che funzionari della sicurezza egiziana avevano rapito, torturato e ucciso” il ricercatore italiano e, “su raccomandazione del dipartimento di Stato e della Casa Bianca, gli Stati Uniti passarono queste conclusioni al governo Renzi”. In un lungo articolo il giornalista Declan Walsh cita come fonti tre ex funzionari dell’amministrazione Obama. “Avevamo prove incontrovertibili della responsabilità ufficiale egiziana” e “non c’era dubbio”, ma per evitare di identificare la fonte, gli americani non condivisero per intero le informazioni di intelligence, né dissero all’Italia quale agenzia di sicurezza ritenevano fosse dietro alla morte di Regeni, spiega ancora il giornale. “Non era chiaro chi avesse dato l’ordine di rapire e, presumibilmente, ucciderlo”, ha detto al giornalista del Nyt un altro ex funzionario Usa.
“Quello che gli americani sapevano per certo l’hanno detto agli italiani, cioè che la leadership egiziana era pienamente consapevole delle circostanze intorno alla morte di Regeni”, scrive il giornale statunitense, citando poi altri virgolettati: “Non avevamo dubbi che questo fosse noto molto in alto”, dice uno dei funzionari dell’amministrazione Obama, aggiungendo che “non so se fossero responsabili. Ma sapevano. Loro sapevano”. Secondo l’articolo, alcuni funzionari di Obama erano convinti che qualcuno “di alto grado” del governo egiziano potesse avere ordinato l’uccisione di Regeni “per mandare un messaggio ad altri stranieri e governi stranieri, cioè di smettere di giocare con la sicurezza dell’Egitto”.
La risposta di Paola Deffendi all’ennesimo mistero intorno alla morte del figlio Giulio Regeni, è eloquente: “Fiumicello, 15 agosto 2017, sempre più lutto!”. Il post è accompagnato dalle foto di una bandiera italiana a lutto, che Deffendi ha anche impostato l’immagine come foto del profilo.