Un altro caso kazako. Pignorati i conti dell’ambasciata

di Stefano Sansonetti

Dal Kazakistan alla Banca Nazionale del Lavoro e a Unicredit. Passo brevissimo, se si considera che i due istituti di credito custodiscono i conti correnti dell’ambasciata kazaka in Italia. Il fatto è che questi conti, da qualche mese, risultano pignorati. Sì, perché dopo una procedura attivata dal tribunale di Roma si è arrivati a bloccare risorse per un valore di 4,4 milioni di euro. La vicenda, che La Notizia è in grado di ricostruire, inquadra un altro aspetto degli “strani” rapporti esistenti tra Italia e il Kazakistan presieduto da Nursultan Nazarbayev. E ruota intorno a un aspra causa nata in seguito alla ristrutturazione di villa Manzoni, sede romana dell’ambasciata kazaka. Il punto è che dal 2005 al 2008 vengono eseguiti diversi lavori di ristrutturazione della villa. Il conto finale arriva a circa 14 milioni di euro. L’ambasciata ne paga 11, ma l’impresa di costruzioni che all’epoca si è aggiudicata l’appalto ne chiede 3 di più. I kazaki non vogliono versare la differenza e la questione finisce in tribunale. Con un intervento a sorpresa dell’avvocatura dello stato italiano che, proprio in tempi recenti, ha depositato una memoria che va totalmente incontro alle esigenze dell’ambasciata.

La storia
I rapporti tra l’impresa di costruzioni, oggi fallita, e la sede diplomatica kazaka si rompono definitivamente nel 2009. La richiesta da parte dell’impresa di avere ancora 3 milioni di euro cade sempre nel vuoto. Due anni dopo, il 9 agosto del 2011, viene firmato un decreto ingiuntivo con cui il tribunale di Roma cerca di mettere alle strette l’ambasciata. Il 19 gennaio del 2012 lo stesso tribunale formalizza il cosiddetto “comandiamo”, in pratica la messa in esecuzione del titolo. Infine arriva l’atto di precetto, notificato in via diplomatica il 7 febbraio-20 marzo 2012, con cui si intima all’ambasciata del Kazakistan di versare 2,9 milioni di euro più interessi. I kazaki non muovono un dito e si arriva al pignoramento. Viene così ordinato il blocco di 4 milioni e 399 mila euro sui conti correnti dell’ambasciata presso Bnl e Unicredit. La cifra, in sostanza, risulta aumentata della metà rispetto all’importo originariamente richiesto. E alle banche viene chiesto di non disporre del “gruzzolo” congelato. Solo in quel momento i kazaki danno segni di vita e decidono di opporsi al pignoramento. Su tutta la questione, ora, è attesa la decisione del giudice. Ma proprio di recente agli atti sono state depositate carte per certi aspetti “sorprendenti”.

Il ministero degli esteri
L’avvocatura dello stato, attivata dal ministero degli esteri italiano solo da qualche mese guidato da Emma Bonino, ha depositato una memoria che di fatto va incontro alle esigenze dei kazaki. Nel documento, in sostanza, si dice che il pignoramento dei conti correnti dell’ambasciata sarebbe illegittimo, in quanto si tratta di risorse che servono ad attività diplomatiche. Insomma, su di esse non potrebbero appuntarsi provvedimenti restrittivi. La valutazione, va da sé, sta già facendo discutere. Ma è chiaro che tutta questa vicenda, a maggior ragione dopo l’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, è destinata a subire un’escalation.

Gli americani
Che poi la storia di villa Manzoni, la sede romana dell’ambasciata kazaka, qualche anno fa ha sollevato dubbi di legittimità. La residenza, infatti, venne ceduta dallo stato italiano nei primi anni 2000 all’interno di una delle cartolarizzazioni immobiliari di tremontiana memoria (Scip). Ad acquistarla, secondo quando è possibile ricostruire, fu il fondo americano Carlyle, storicamente vicino alla famiglia Bush. Furono gli stessi americani, successivamente, a cedere il complesso ai kazaki. Il passaggio, però, venne preso di mira da un’interrogazione parlamentare presentata l’11 novembre del 2010 dall’allora senatore del Pdl Achille Totaro, oggi passato a Fratelli d’Italia. Il documento ricordava come su tutta l’area, inserita nel perimetro del parco di Veio e piena zeppa di reperti archeologici romani, insistessero diversi vincoli. E sottolineava che la sua cessione sarebbe dovuta avvenire in blocco. Cosa che non avvenne, perché sempre secondo l’interrogazione ai kazaki fu ceduta la villa e parte del parco, mentre all’Istituto regionale immobiliare srl, riconducibile a Paolo Cobianchi, andarono le ex scuderie e la parte restante dei terreni “per soli 50 mila euro”. Quest’ultimo pacchetto, a quanto risulta, è oggi in vendita a più di 2 milioni di euro. Un altro giallo sull’asse Italia-Kazakistan, che può aggiungere un tassello al complesso mosaico dei rapporti tra i due paesi.

Giallo Kazakistan. E’ mistero sull’incontro tra il Cav e Nazarbayev

Un giallo nel giallo. Sulla vicenda che ha portato all’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, ieri è calata con insistenza una domanda: nei giorni scorsi l’ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ha incontrato in Sardegna il presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev? Palazzo Grazioli, pur confermando la presenza sull’isola del Cavaliere negli stessi giorni in cui c’era Nazarbayev, ha però negato un contatto tra i due. La smentita, però, non ha disinnescato le polemiche sollevate da chi, dietro alla controversa procedura di espulsione, vede lo stretto rapporto tra Berlusconi e il presidente kazako, favorito dall’amicizia di entrambi con il presidente russo Vladimir Putin. Possibile che il Cavaliere abbia parlato della vicenda con Nazarbayev? Di certo le stesse polemiche ieri hanno continuato ad investire il ministro degli interni, nonché vicepremier, Angelino Alfano.

La mozione di sfuducia per Alfano
Il Movimento 5 stelle e Sel hanno depositato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro. Secondo il capogruppo dei grillini alla camera, Riccardo Nuti, “il Viminale non poteva non sapere e, se non sapeva, significa che nel nostro paese c’è una polizia parallela che agisce a propria discrezione e all’insaputa dei vertici soprattutto considerando che la notizia era online fin dal 5 giugno scorso”. Senza contare, ha aggiunto Nuti, “che anche la dignità italiana è stata calpestata, nell’ignorare brutalmente i diritti umani di una bambina e di sua madre. E tutto solo per obbedire agli ordini di uno stato straniero”.

Gli interessi dell’Eni
Una considerazione, quest’ultima, che non fa che riportare in primo piano quella sorta di dipendenza energetica che lega l’Italia al Kazakistan. Non è un mistero che nel paese di Nazarbayev l’Eni abbia interessi primari, essendo coinvolto nei due maxigiacimenti di idrocarburi di Kashagan e Karachaganak. Ma il legame affonda le radici nel tempo, se solo si considera che lo stesso Cane a sei zampe opera in Kazakistan dal lontano 1992. E in tutto questo contesto, naturalmente, non possono non inserirsi i rapporti tra Berlusconi e Nazarbayev, fermo restando che il livello di coinvolgimento dell’Italia e dell’Eni nel paese attraversa decenni in cui si sono alternate al governo diverse maggioranze. Insomma, si tratta di un business italiano trasversale.

La difesa del Pdl
Il Popolo della libertà, dal canto suo, ha difeso a spada tratta il suo segretario-ministro. “Le mozioni di sfiducia individuale sono un atto aberrante non previsto dalla Costituzione”, ha detto il capogruppo Renato Brunetta, “che di solito rafforzano il governo e indeboliscono chi le presenta”. Sulla stessa linea il collega al senato Renato Schifani: “Chi spinge per le dimissioni resterà deluso”, ha esordito il presidente dei senatori del Pdl: “L’unico problema, secondo talune linee editoriali, è diventato il caso Shalabayeva e le eventuali responsabilità del governo. Noi continueremo ad occuparci prioritariamente delle tematiche economiche, appoggiando lealmente l’azione dell’esecutivo e restiamo convinti che da parte del ministro dell’interno Angelino Alfano, che darà a giorni tutte le ulteriori spiegazioni del caso alla luce di una seria inchiesta affidata al Capo della Polizia, non ci siano state responsabilità né politiche né operative”. E ancora: “Aspettiamo, come tutti, che si spieghi all’opinione pubblica cosa sia accaduto realmente nei vari passaggi della catena di controllo che determinò l’espulsione della cittadina kazaka e della figlia, ma escludiamo senza alcun dubbio ripercussioni per il governo. Pertanto, chi spinge per le dimissioni di Alfano resterà deluso”.

Le comunicazioni al Parlamento
Nel frattempo si attende tutto quello spettro di spiegazioni che Alfano sarà in grado di dare alla camera giovedì. Allo stesso tempo, come emerso nei giorni scorsi, continua a essere in bilico la posizione di quegli alti funzionari del Viminale che hanno risposto positivamente alla richiesta di espulsione della Shalabayeva avanzata dall’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov. In prima fila c’è il capo di gabinetto del Viminale dal lontano 2008, Giuseppe Procaccini. Il quale, però, secondo alcuni conosce molto bene tutti gli aspetti dell’operazione. Insomma, avrebbe un potere contrattuale molto forte, soprattutto nei confronti di chi non vuole che venga fuori tutta la verità.

 

@SSansonetti