Fermi tutti, stavamo scherzando. L’avvocatura dello Stato serve un assist perfetto ai super stipendiati della televisione pubblica: “Le prestazioni artistiche vanno considerate in maniera distinta, non gravano sul canone e i compensi vanno valutati considerando la necessità di garantire alla Rai di operare in regime di parità concorrenziale”. L’udienza è sciolta. Questo il contenuto del parere dell’avvocatura chiesto dalla presidenza del Consiglio relativametne alla possibilità di applicare il tetto stipendiale dei compensi di 240mila euro annui agli artisti di Mamma Rai. Secondo l’avvocatura il primo problema sarebbe di carattere normativo perché le prestazioni artistiche sarebbero differenti dalle altre; vi è poi un altro aspetto secondo cui i compensi non pesano sul canone visto che le prestazioni degli artisti sarebbero coperti dai soldi relativi alla raccolta pubblicitaria.
La norma – Il tetto è stato introdotto con una delibera del Cda di Viale Mazzini; entra in vigore dal prossimo 30 aprile ed estende il limite dei compensi anche agli artisti reclutati esternamente dalla televisione pubblica, oltre che ad amministratori e dipendenti. Ma fino a quella data ce ne saranno delle belle. “Dopo il parare dell’Avvocatura dello Stato c’è la necessità di calibrare la norma sul tetto ai compensi degli artisti in Rai”, ha sottolineato il componente della commissione vigilanza Riccardo Villari. Che, nella nota diffusa alla stampa, ha poi toccato i veri nodi del contendere: “Due questioni appaiono evidenti. Bisogna differenziare gli artisti dai giornalisti. Si è l’uno o l’altro sempre, non a giorni alterni o addirittura a seconda delle fasce orarie”, ha affermato Villari, “In secondo luogo chi rivendica lo sforamento di ogni tetto in nome dei volumi pubblicitari che sono in grado di attrarre a favore della tv pubblica, non considera il rischio anche solo di apparire condizionati e quindi veder ridotta la propria credibilità e autorevolezza”. Sul tema è intervenuto anche il consigliere di amministrazione Rai Arturo Diaconale che, intervistato dall’Ansa, relativamente al parere espresso dall’Avvocatura, ha comunque voluto sottolineare che non si può prescindere dall’intervenire sui compensi perché “in una situazione di difficoltà generale, non è possibile che la Rai sia un’isola privilegiata”.
Dubbi e prudenza – Ore frenetiche in Viale Mazzini tanto che il Cda iniziato ieri mattina è stato sospeso per riprendere nei prossimi giorni. Da Viale Mazzini preferiscono non sbilanciarsi sul parere dell’Avvocatura in attesa che venga trasmesso in via ufficiale. La parola finale spetta comunque al Cda. Nel dibattito, intanto, irrompe anche uno dei superstipendiati com’è Fabio Fazio, col contratto in scadenza a giugno: “In una tv che cambia”, twitta il conduttore di Che tempo che fa, “bisogna assumersi responsabilità e nuovi rischi. D’ora in poi, ovunque sarà, vorrei essere produttore di me stesso …”. Soltanto un messaggio alle ingerenze della politica nelle vicende di casa Rai o un chiaro segnale d’addio?