Potrebbe essere una delle prime gatte da pelare per il nuovo ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio. Si tratta di una di quelle partite nascoste, note soltanto a un ristretto gruppo di “iniziati”, ma destinate a muovere miliardi di euro. Protagonista della vicenda è il Gse (Gestore servizi energetici), la società pubblica che gestisce la bellezza di 16 miliardi di euro l’anno di incentivi alle fonti rinnovabili di energia. In questi giorni la Spa è stata “terremotata” da una comunicazione che il suo amministratore delegato, Francesco Sperandini, ha fatto pervenire all’Anac, ossia l’Autorità Anticorruzione. In essa, come filtra dalla struttura guidata da Raffaele Cantone, il Gse annuncia l’intenzione di ritirare le deleghe al responsabile prevenzione della corruzione della società, Fabrizio Tomada. E come prevede la legge in questi casi, l’Anac ha avviato un approfondimento, della durata massima di 30 giorni, per valutare le ragioni alla base dell’iniziativa. L’operazione è destinata ancor di più a far discutere se si considera che Sperandini, sulla tolda di comando del Gse dal 2015 (quindi nominato dal Governo Renzi), è in scadenza insieme al Cda dell’azienda.
Il punto – La questione, allora, potrebbe rientrare presto nell’agenda del ministero dello sviluppo: il Gse, infatti, è controllato al 100% dal Ministero dell’economia, ma agisce sotto gli indirizzi impartiti dal dicastero di via Veneto, da poco in mano a Di Maio. Ma perché Sperandini è andato in pressing sul suo responsabile anticorruzione? Il Gse si è limitato a spiegare a La Notizia che Tomada è tutt’ora inquadrato come “responsabile prevenzione corruzione e trasparenza”. Ma l’Anac, dal canto suo, ha confermato l’iniziativa da parte del numero uno della società pubblica e l’avvio di una fase di accertamento. In tempi recenti, può essere utile ricordare, lo stesso Sperandini era finito nel mirino di Cantone per una possibile incompatibilità tra i suoi incarichi, visto che dopo la nomina nel 2015 il manager si era trovato a rivestire contemporaneamente i ruoli di presidente-Ad e di responsabile ad interim della Divisione incentivi del Gse (quella che gestisce le suddette, ingenti somme di denaro). Nell’interloquire con l’Anac era stato lo stesso Tomada a difendere Sperandini respingendo al mittente le censure di incompatibilità, sulle quali però l’Anac stessa aveva insistito. Al punto che Sperandini si era trovato costretto a operare un cambiamento nell’organigramma assegnando la responsabilità della Divisione incentivi a un altro dirigente del Gse, Vinicio Mosé Vigilante. A quel punto, con delibera del 7 febbraio 2018, Cantone ha archiviato il procedimento per il venir meno dell’incompatibilità. Per certi aspetti, quindi, aleggia un po’ di mistero sullo scontro in atto tra Sperandini e Tomada, in pratica tra controllato e controllore. Alcune fonti interne al Gse parlano di accertamenti che Tomada stava svolgendo su temi spinosi come la gestione dei certificati bianchi (titoli negoziabili che certificano i risparmi energetici conseguiti negli usi finali di energia).
Le incognite – Ma i punti interrogativi restano. Più in generale è destinata a delinearsi presto la partita del rinnovo del Cda del Gse. Gli osservatori più attenti tendono ad accreditare poche chance di conferma per Sperandini, da sempre considerato vicino al Pd e quindi non molto congeniale al nuovo potere pentaleghista. Ma c’è anche chi fa notare come negli ultimi mesi lo stesso Ad del Gse abbia cercato di stringere buoni rapporti con il super avvocato genovese Luca Lanzalone, presidente di Acea e punto di riferimento grillino su alcune delle più rilevanti partite economiche. Nei mesi scorsi il nome di Sperandini era uscito fuori anche come papabile nuovo presidente di Arera, Autorità di regolazione dell’energia, altra struttura il cui collegio (già prorogato) andrà rinnovato nelle prossime settimane. Il tutto per una partita di potere “energetica” che sta attirando appetiti di ogni sorta.