Georgia in ostaggio: il governo blocca l’Europa e spalanca le porte a Mosca

In Georgia il governo sospende i negoziati con l’Ue fino al 2028, scatenando proteste. I cittadini denunciano: "Scelta pro-Mosca".

Georgia in ostaggio: il governo blocca l’Europa e spalanca le porte a Mosca

La Georgia è diventata, negli ultimi giorni, l’epicentro di una battaglia politica che riflette tensioni ben più ampie: da una parte il sogno europeo, dall’altra un governo che sembra voler avvicinare il paese a Mosca. Il 20 novembre 2024, il governo georgiano ha annunciato la sospensione dei negoziati per l’adesione all’Unione europea fino al 2028, una mossa che ha scatenato proteste di massa a Tbilisi e un’ondata di critiche sia interne che internazionali.

In Georgia un governo che si chiude

Il primo ministro Irakli Kobakhidze, espressione del partito al governo Georgian Dream, ha giustificato la decisione accusando Bruxelles di “ricatti e manipolazioni”. La mossa, tuttavia, appare come una scelta strategica che isola ulteriormente la Georgia dai suoi alleati occidentali. A risentirne non è solo l’immagine internazionale del paese, ma anche la sua stessa stabilità politica. “È un colpo di stato contro la volontà popolare”, ha dichiarato il presidente Salome Zourabichvili, in aperto dissenso con il governo.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza a Tbilisi, esprimendo il loro malcontento. La richiesta è chiara: rientrare nei binari dell’integrazione europea. Gli scontri con la polizia hanno portato a decine di arresti e feriti, mostrando un clima di tensione crescente.

Elezioni contestate e l’ombra di Mosca

Il terreno era già fertile per le polemiche. Le recenti elezioni parlamentari sono state segnate da accuse di brogli e interferenze russe. Una combinazione letale per un paese che ha già subito l’occupazione di parte del proprio territorio da parte di Mosca. Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che condanna le irregolarità, chiedendo nuove elezioni sotto supervisione internazionale, ma il governo georgiano ha respinto ogni accusa.

Dietro questa chiusura, secondo molti analisti, c’è il peso crescente della Russia. Le leggi approvate negli ultimi mesi, che limitano la libertà di stampa e l’attività delle ONG, sembrano una copia delle normative russe. La nomina di Mikheil Kavelashvili, ex calciatore e figura apertamente anti-occidentale, come prossimo presidente della Georgia non fa che confermare questa direzione.

La frattura interna

Il contrasto tra governo e popolazione si allarga. Secondo i sondaggi, oltre il 75% dei georgiani sostiene l’adesione all’Unione europea, vedendola come una via d’uscita dalle pressioni russe e una garanzia per lo sviluppo democratico del paese. Tuttavia, il governo sembra aver scelto una traiettoria diversa, alimentando le tensioni interne.

Le proteste, guidate da movimenti civici e partiti d’opposizione, chiedono trasparenza e nuove elezioni. Ma Georgian Dream, forte del controllo istituzionale, non sembra intenzionato a cedere. “Il popolo georgiano non può essere ignorato per sempre”, ha dichiarato un leader dell’opposizione durante le manifestazioni a Tbilisi.

Uno scontro che va oltre la Georgia

Questa crisi non riguarda solo il destino del paese. Per l’Unione europea, il caso georgiano rappresenta una sfida più ampia: come mantenere la credibilità nel sostenere le aspirazioni democratiche dei paesi ai confini dell’Europa? Bruxelles, già criticata per la gestione dell’allargamento ai Balcani, rischia di perdere un altro tassello strategico. Intanto, la Russia osserva e sfrutta il caos. Le tensioni interne e l’isolamento internazionale della Georgia giocano a favore del Cremlino, che da anni cerca di riportare il paese sotto la propria sfera d’influenza.

Il bivio della Georgia

Il futuro della Georgia è incerto. Da una parte, un popolo che guarda a ovest, chiedendo trasparenza e diritti. Dall’altra, un governo che sembra sordo a queste richieste e sempre più vicino a Mosca. La questione non è solo geopolitica: è una lotta per l’anima democratica del paese. Mentre le proteste continuano, una cosa è chiara: la Georgia è al bivio. La sua scelta definirà non solo il suo destino, ma anche quello di una regione dove democrazia e autoritarismo si scontrano senza esclusione di colpi.