Si sono costituiti ieri sia a Montecitorio (37 deputati guidati da Francesco Laforgia) sia a Palazzo Madama (14 senatori capitanati da Maria Cecilia Guerra) i gruppi di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista. Al Senato, fra i membri c’è anche il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.
Senatore, Gentiloni può “stare sereno”?
Sono meridionale e perciò scaramantico, eviterei di usare certe espressioni… La serenità va conquistata di giorno in giorno, agendo per confermare gli obiettivi annunciati.
Continuerete ad appoggiare il Governo o no?
I neonati gruppi di Democratici e progressisti confermano la fiducia all’Esecutivo, una fiducia che personalmente reputo doverosa perché l’Italia possa essere aiutata a ritrovare la via migliore per rilanciarsi e tornare a crescere. Si tratta ora di capire come questa nostra volontà possa essere effettivamente declinata.
Lei continuerà a far parte dell’Esecutivo?
Sono pronto a fare un passo indietro in ogni circostanza.
Il premier sapeva che avrebbe lasciato il Pd?
Certamente. Della decisione che ho assunto ho informato per tempo sia lui sia il ministro Minniti.
Quali sono le vostre priorità?
Il problema principale è quello di affrontare la questione economico-sociale. Gentiloni sta lavorando per garantire stabilità, rassicurare i mercati e mantenere un rapporto proficuo coi partner europei. Va interrotto in tutti i modi il processo recessivo in atto da troppo tempo.
Veniamo al Pd. Nei giorni scorsi Renzi ha detto che dietro la scissione c’è la regia di D’Alema…
Ha detto bene Bersani: l’artefice della nostra fuoriuscita è stato l’ex segretario. Nel Pd c’è una visione e un metodo che ci auguriamo sia lo stesso Renzi a correggere. Qui non è in discussione una persona ma il destino del Paese. Vanno superati quegli atteggiamenti ascrivibili ad arroganza e provincialismo.
A cosa si riferisce?
Una manifestazione tipica del provincialismo è quella di cercare le soluzioni altrove. Tradotto: non serve andare in California, basta guardare alla complessità del mondo e alle nostre risorse inespresse.
Orlando o Emiliano potrebbero “ricucire” lo strappo?
Vorrei tanto che fosse Renzi a fare opera di pacificazione, prendendo atto del fatto che non è il capo di una tribù ma di una comunità ricca e articolata.