L’intero sistema dei rapporti tra il Governo Conte 2 e l’Unione europea si colora di rosso. Con la designazione a commissario Ue, nella squadra guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen, di Paolo Gentiloni Silveri, l’ex premier discendente della nobile casata di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino, passato dall’oratorio al proletariato di Mario Capanna, dall’ambientalismo di Ermete Realacci alla Margherita di Francesco Rutelli (è uno dei cosiddetti Rutelli boys con Michele Anzaldi, Roberto Giachetti e Filippo Sensi), il Partito democratico acquista l’esclusiva delle relazioni tra Roma e Bruxelles.
Il primo banco di prova sarà la prossima Legge di Bilancio: Gentiloni sarà la sponda europea del ministero dell’Economia, guidato da Roberto Gualtieri, benedetto dalla neo presidente della Bce Christine Lagarde, e di quello degli Affari Ue, Vincenzo Amendola, nella prossima partita a colpi di zero virgola per ottenere dalla Commissione europea il massimo della flessibilità possibile da capitalizzare nella Manovra. Se si considera che il Pd ha già incassato anche la presidenza dell’Europarlamento con l’elezione, lo scorso luglio, di David Sassoli, siamo di fronte ad un vero e proprio monopolio.
CINQUE STELLE FREDDI. Salutata con attestati di stima dagli esponenti del Partito democratico, la nomina di Gentiloni, che la prossima settimana incontrerà la Von der Leyen per capire quale delega gli sarà affidata (si parla di un portafoglio economico di peso), è stata invece accolta con freddezza dai Cinque Stelle. Nel silenzio quasi generale risaltano le critiche del deputato Andrea Colletti, voce critica del Movimento: “è il primo, si spera uno degli unici, errori del nuovo Governo”. E quelle dell’Eurodeputato Ignazio Corrao: “Complimenti a chi ha negoziato le posizioni di governo per il Pd. Economia, Commissario Ue e affari europei (tutto quel che il governo potrà fare) e anche tutti i ministeri strategici per il sud. Dove noi prendiamo i voti”.