di Fabrizio Di Ernesto
Uno spettro si aggira sul G20 di San Pietroburgo: la Siria. Ufficialmente la questione Damasco non è presente nell’agenda dei lavori, ma nei corridoi e negli incontri privati tra i leader mondiali Assad ha quasi la precedenza sulle problematiche economiche mondiali. Le posizioni in campo sono note gli Usa, spalleggiati dalla Francia e in tono minore dall’Inghilterra, spingono per un intervento armato possibilmente, ma non necessariamente, sotto egida Onu, mentre la Russia, paese storicamente legato alla Siria, vorrebbe evitare il conflitto. Fino ad oggi Mosca ha sempre difeso Damasco, tanto che nel Palazzo di vetro ha già fatto valere il diritto di veto impedendo ogni possibile azione militare dell’Occidente, e non appare intenzionata a cambiare opinione.
Le potenze
Dai tempi della Guerra fredda i rapporti tra Washington e Mosca non erano così complicati. Per il momento non è previsto nessun bilaterale tra Obama e Putin, anche se non è da escludere che i due si parlino per interposta persona, previsto infatti un incontro a due tra l’uomo forte del Cremlino e l’interventista Hollande, la tensione tra i due Paesi sta toccando livelli di guardia e navi da guerra americane e russe si trovano già nel Mediterraneo orientale; le prime per attaccare la Siria le seconde per difendere Damasco. Pressioni su Putin sono arrivate, tramite una lettera, anche da Papa Francesco, mentre fonti vaticane hanno invece smentite le voci di una telefonata del Pontefice ad Assad. Mosca però non dà segnali di apertura continuando a sostenere che l’attacco chimico in Siria dello scorso 21 agosto sia stato portato dai ribelli e non dalle truppe lealiste. Sulle proprie posizioni rimangono anche gli Usa, convinti che le prove in loro possesso inchiodino al contrario il governo di Damasco davanti alla responsabilità della strage, ribadendo alla Russia che non hanno intenzione di portare avanti un dibattito senza fine. Tutto potrebbe diventare più chiaro il 16 settembre, giorno in cui la Camera americana sarà chiamata a pronunciarsi sul testo della risoluzione che dovrebbe dare il via libera ai raid sulla Siria.
L’Italia
Dietro le quinte intanto si continua a lavorare per una soluzione politica, anche perché la gran parte dei Paesi, tra cui l’Italia come ribadito anche ieri da Letta, vorrebbe evitare un nuovo conflitto che potrebbe allargarsi a tutta la regione medio orientale. Emblematica in tal senso la posizione cinese. Anche Pechino, come Mosca, fino ad oggi si è sempre opposto in sede Onu all’intervento armato, anche se per motivi diversi da quelli russi. La Siria non è una storica alleata della Cina come lo è della Russia, ma Pechino ha molti interessi economici in quella regione e vorrebbe evitare stravolgimenti politici che ne potrebbero danneggiare la posizione. Per una volta al G20 quindi i problemi politici mondiali hanno la precedenza su quelli economici e finanziari.