A Gaza sono ore di apprensione. Hamas tende la mano a Israele proponendo di dare il controllo della Striscia all’Autorità palestinese, ma Bibi rifiuta e torna a parlare di guerra

A Gaza sono ore di apprensione. Hamas propone di dare il controllo della Striscia all'Autorità palestinese, ma Bibi rifiuta e parla di guerra

A Gaza sono ore di apprensione. Hamas tende la mano a Israele proponendo di dare il controllo della Striscia all’Autorità palestinese, ma Bibi rifiuta e torna a parlare di guerra

Che fine farà la tregua a Gaza? Se lo chiedono in molti dopo che i negoziati a Doha, in Qatar, si sono conclusi con un nulla di fatto a causa delle profonde divergenze tra Hamas e Israele, nonché delle reciproche accuse di violazione degli accordi. Una trattativa serrata, con i mediatori qatarioti ed egiziani determinati a fare di tutto per evitare la ripresa dei combattimenti, che si è ora spostata al Cairo, in Egitto, dove in giornata è atteso l’arrivo della delegazione israeliana. Secondo i media israeliani, i negoziatori ribadiranno la posizione intransigente del primo ministro Benjamin Netanyahu, deciso a non concedere nulla al gruppo palestinese.

Una strategia che Netanyahu porta avanti con il sostegno dell’amministrazione di Donald Trump. Il segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, lo ha infatti esortato ad andare avanti, dichiarando che “Hamas non può rimanere una forza militare o governativa e deve essere definitivamente eliminata”. Un ritorno alle ostilità che Hamas sembra voler evitare, tanto che ha annunciato a Sky News Arabia di “essere pronto a cedere il controllo della Striscia di Gaza all’Autorità Palestinese e al Comitato governativo per l’amministrazione di Gaza”.

Hamas tende la mano a Israele proponendo di dare il controllo della Striscia all’Autorità palestinese

Proprio alla luce di queste dichiarazioni, le trattative per la cosiddetta “fase 2” dell’accordo di pace sembrano in forte salita. Anzi, secondo il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, “tutti gli indicatori, purtroppo, suggeriscono che Netanyahu non ha intenzione di continuare con il cessate il fuoco. Non appena avrà liberato tutti gli ostaggi, la sua intenzione è quella di riprendere la guerra, perché non c’è nessuna pressione esterna per fermarlo, tranne quella americana”.

Secondo Ankara, tuttavia, gli Stati Uniti non avrebbero alcuna intenzione di frenare Netanyahu. Per questo, il ministro turco ha esortato il presidente americano Trump a cambiare radicalmente posizione, in modo da esercitare pressioni sul leader israeliano “per prevenire un altro genocidio” e fermare eventuali ulteriori crimini contro l’umanità a Gaza.

Bibi rifiuta e torna a parlare di guerra

Netanyahu ha immediatamente respinto l’appello, confermando la linea dura: “Come avevo promesso, il giorno dopo la guerra a Gaza, né Hamas né l’Autorità Palestinese saranno presenti nella Striscia”. Ha inoltre ribadito di essere “impegnato a portare avanti il piano del presidente Trump per creare una Gaza diversa”, facendo riferimento alla proposta del tycoon di ricollocare i residenti della Striscia nei Paesi arabi vicini. Un piano che i leader della regione, l’Unione Europea e le organizzazioni internazionali hanno già bocciato, definendolo ‘una palese violazione del diritto internazionale’.

Ma non è tutto. A conferma di una possibile ripresa dei combattimenti, da Tel Aviv è arrivata la notizia che gli Stati Uniti hanno consegnato una significativa spedizione di munizioni pesanti a Israele, incluse le micidiali bombe MK-84, ciascuna del peso di quasi una tonnellata e nota per la sua elevata capacità distruttiva. “La spedizione di munizioni, rilasciata dall’amministrazione Trump, rappresenta una risorsa strategica per l’aeronautica e le Forze di difesa israeliane e conferma la solidità dell’alleanza tra Israele e gli Stati Uniti”, ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz.

A Gaza è in corso una catastrofe umanitaria

Mentre la tregua appare sempre più a rischio, la situazione nella Striscia – dove continuano i raid israeliani – è al collasso, soprattutto sul fronte sanitario. Medici Senza Frontiere (MSF), in una nota, ha denunciato che nel nord di Gaza, prima della guerra, erano disponibili 150 posti di terapia intensiva pediatrica, mentre oggi ne restano soltanto sei.

Più in generale, i posti letto negli ospedali del nord della Striscia sono crollati da 2.000 a soli 350, a causa dei danni subiti dagli edifici sanitari durante le operazioni militari.

A peggiorare la situazione, MSF ha riferito che, nel centro sanitario di Sheikh Radwan, l’afflusso di pazienti è aumentato del 70-80% da quando le persone hanno iniziato a tornare nella parte settentrionale della Striscia. Tuttavia, la mancanza di posti letto costringe i medici a curare più pazienti contemporaneamente su un unico lettino.

Ancora più grave è la denuncia degli operatori di MSF, che affermano di aver trovato tutti i macchinari medici dell’Indonesian Hospital deliberatamente distrutti, rendendo impossibile qualsiasi forma di assistenza sanitaria e aggravando ulteriormente l’emergenza umanitaria a Gaza.