Sono ore di attesa e speranza nella Striscia di Gaza, dove i negoziati tra Israele e Hamas, in corso a Doha, in Qatar, sembrano vicini a un punto di svolta. Secondo quanto si apprende, il mediatore qatariota ha consegnato a Benjamin Netanyahu e ai rappresentanti di Hamas una bozza finale di accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il contestuale rilascio di tutti gli ostaggi. La trattativa è accompagnata da un crescente ottimismo, con funzionari israeliani – rimasti anonimi – che riferiscono di essere ormai in attesa della risposta ufficiale di Hamas.
Mentre la risposta del movimento palestinese è attesa a breve, desta preoccupazione l’indiscrezione del quotidiano qatariota Al-Quds Al-Arabi, secondo cui Israele, per accettare l’accordo, avrebbe richiesto l’istituzione di una zona cuscinetto all’interno dei confini dell’enclave palestinese. Questa zona, lunga un chilometro e mezzo, verrebbe presidiata dalle truppe israeliane anche dopo la fine delle ostilità, una richiesta che Hamas ha definito più volte “umiliante” e che potrebbe far naufragare i negoziati.
A Gaza si trattiene il fiato: Netanyahu propone un accordo di pace e attende la risposta di Hamas. Ma
Possibile accordo di pace che ha fatto infuriare il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che ha annunciato che il suo partito di estrema destra Sionismo religioso “non prenderà parte” a quello che definisce un cessate il fuoco con Hamas “catastrofico per la sicurezza nazionale di Israele”. “Non faremo parte di un accordo di resa che includerebbe il rilascio dei terroristi, la fine della guerra e il venir meno dei risultati ottenuti con tanto sangue, e l’abbandono di molti ostaggi”, ha detto Smotrich.
Lo stesso ha aggiunto che a suo dire “questo è il momento di continuare con tutta la nostra forza, di occupare e ripulire l’intera Striscia, di prendere finalmente il controllo degli aiuti umanitari da Hamas e di aprire le porte dell’inferno su Gaza finché Hamas non si arrenderà completamente e tutti gli ostaggi non saranno liberati”, ha aggiunto.
L’Idf attacca la Striscia e torna a martellare pure il Libano
Quel che è certo è che per convincere il gruppo palestinese, fiaccato da oltre un anno di guerra e ormai ridotto ai minimi termini, sia Israele che la comunità internazionale stanno intensificando le pressioni. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha dichiarato che “sono stati fatti grandi progressi” nei negoziati, sottolineando che si potrà verificare se Hamas intenda davvero concludere il conflitto. Tuttavia, rimangono dubbi legittimi: il Wall Street Journal ha pubblicato un lungo articolo secondo cui Hamas avrebbe avviato un’intensa campagna di reclutamento di giovani miliziani per compensare le gravi perdite subite dall’inizio della guerra. Stando al quotidiano statunitense, il gruppo terroristico starebbe convincendo “migliaia di civili,” anche privi di esperienza militare, a unirsi alle proprie fila in cambio di “cibo, aiuti e cure mediche per loro e per le loro famiglie.”
Nel frattempo, in tutto il Medio Oriente si continua a combattere. L’ira di Netanyahu si è abbattuta ancora una volta su Gaza, dove almeno 13 palestinesi hanno perso la vita in una serie di raid aerei che hanno colpito il campo profughi di Jabalia, nel nord dell’enclave, e Gaza City, dove è stata distrutta la scuola Salah al-Din, da tempo utilizzata come rifugio per gli sfollati. La situazione non è migliore in Libano, dove l’IDF ha ammesso di aver condotto “diversi attacchi contro numerosi obiettivi terroristici di Hezbollah,” considerati “potenziali minacce” che, se attivate, avrebbero potuto compromettere la fragile tregua.