Se l’intenzione della guerra nella Striscia di Gaza, sferrata da Benjamin Netanyahu, è quella di neutralizzare definitivamente i terroristi di Hamas e le loro strutture logistiche, allora la strada è ancora lunga e forse si può già parlare di un possibile fallimento. A dirlo, senza troppi fronzoli, è il portale statunitense Politico in un lungo e dettagliato articolo in cui, citando diversi funzionari degli Usa, spiega che: “L’amministrazione di Joe Biden teme che Israele stia sprecando disastrosamente la sua opportunità di vittoria contro Hamas, perdendo la sua migliore possibilità di eliminare la presa del gruppo su Gaza e la minaccia al popolo israeliano”.
Il problema, secondo l’importante sito informativo, è che “sebbene le comunicazioni e le capacità militari di Hamas siano state degradate, solo il 30-35 per cento dei suoi combattenti – quelli che facevano parte di Hamas prima dell’attacco del 7 ottobre – sono stati uccisi e circa il 65 per cento dei suoi tunnel sono ancora intatti, secondo quanto riferisce l’intelligence americana”. Basterebbe questo per capire la portata del fallimento a Gaza, ma c’è di più. Secondo Politico, i funzionari di Biden “sono sempre più preoccupati per il fatto che Hamas sia riuscito a reclutare migliaia di persone” durante questi sette mesi di inconcludente guerra, e “ciò ha permesso al gruppo di resistere a mesi di offensive israeliane” senza perdere né la presa sul territorio di Gaza né le capacità militari del gruppo.
Gaza, dopo sette mesi di guerra il potere di Hamas è immutato
Insomma, al di là del supporto pubblico degli Stati Uniti a Israele, sotto traccia Washington non lesina critiche a Tel Aviv. “Israele ha il diritto e la responsabilità di sconfiggere Hamas, ma la sua attuale strategia di operazioni militari convenzionali su larga scala si ritorcerà contro e minerà tale obiettivo”, ha dichiarato il deputato americano Jason Crow. “Gli Stati Uniti hanno imparato nel corso di decenni che, se non si concentrano i bisogni umanitari e la protezione dei civili nei conflitti, i propri obiettivi militari falliranno” ed è proprio qui che Netanyahu avrebbe fallito perché, insiste Crow, “stiamo vedendo in prima persona che Hamas sta riemergendo rapidamente dopo le operazioni dell’esercito israeliano (IDF) e mantiene sostanzialmente intatte le capacità nonostante mesi di combattimenti”.
In altre parole, se la guerra nella Striscia sarà un fallimento, prosegue Politico, tra i motivi principali c’è proprio il fatto che “a Gaza non sono arrivati abbastanza aiuti umanitari, diffondendo condizioni simili alla carestia in tutta l’enclave e facendo arrabbiare i palestinesi che devono costantemente fuggire dalla violenza o rischiano di essere uccisi come migliaia di altri civili. Tra il peggioramento delle condizioni e le accuse secondo cui Israele ha intenzionalmente ritardato l’assistenza alle persone bisognose, cresce il rischio che i residenti di Gaza finiscano tra le braccia di Hamas”.
Scontro frontale tra Israele e Onu su Gaza
Davanti a questa analisi, fa sorridere il fatto che il premier Netanyahu si sia paragonato a Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt in un’intervista alla Cnn in cui, tanto per cambiare, ha attaccato la procura della Corte penale internazionale per aver richiesto un mandato di arresto contro di lui ed altri dirigenti del suo governo, oltre ai principali leader di Hamas, per presunti crimini di guerra nella Striscia di Gaza.
Intervista in cui ha paragonato sé stesso all’ex presidente George W. Bush e i suoi nemici di Hamas al leader di Al-Qaeda, Osama bin Laden, arrivando a sostenere, letteralmente contro tutto e tutti, che le Forze di difesa israeliane hanno fatto molto meglio delle Forze armate statunitensi nella città irachena di Fallujah durante la guerra in Iraq del 2003 in quanto “il rapporto tra civili e combattenti uccisi è il più basso nella storia della guerra urbana, certamente una guerra urbana densa come questa. Si tratta di uno a uno”.
Una tesi che appare indifendibile alla luce delle dichiarazioni dell’Onu secondo cui Israele “continua a compiere palesi violazioni dei diritti umani” a Gaza, e proprio per questo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) è stata costretta ad annunciare la sospensione della distribuzione di cibo a Rafah, per problemi di approvvigionamento e sicurezza a causa dei combattimenti in corso.