La Regione Lazio ha tolto il patrocinio al Gay Pride, poi ha detto che era disponibile a ripristinarlo. Le solite buffonate della destra.
Alessio Marra
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Gentile lettore, cialtroni di destra a parte, il tema del Gay Pride non mi appassiona. Ci sono problemi più incisivi sulla nostra vita, tipo la guerra, la produzione industriale scesa ai livelli pandemici, il sistema radiotelevisivo asservito al potere, come sempre ci ricorda Bruno Vespa con le sue interviste genuflesse. Insomma, il Gay Pride mi sembra il minore dei mali o il minore dei beni, scelga lei. Per me possono farne uno al giorno: sono per la totale libertà nelle scelte sessuali. Però quelle sfilate, specie certi siparietti marginali ma non tanto, spiace dirlo ma mi sembrano umilianti per gli stessi omosessuali. Immagini un Etero Pride con scene di uomini che trascinano in catene donne schiave, mentre donne dominanti in corsetto di lattice frustano uomini in perizoma. Sarebbe avvilente, no? Il Gay Pride non è solo questo, certo, però mi è arduo capire come tali manifestazioni siano indice di progresso. A me sembra l’altra faccia di una mentalità maschilista, che sbandiera un sesso esibito e banalizzato. Tempo fa girava questa barzelletta: un milanese e un romano disputano sul primato delle loro città. Il milanese fa un panegirico della civiltà lombarda, al che il romano risponde: “Ma che stai a dì? Quando voi milanesi ancora mangiavate la carne cruda, noi romani eravamo già gay”. La barzelletta usava un altro termine, non gay, ma qui non vorrei offendere nessuno. Ecco, il Gay Pride mi sembra il corrispettivo di queste barzellette.
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