Mentre il governo Meloni nega il Reddito di cittadinanza e il salario minimo, in Italia c’è un’emergenza, quella del gap salariale, grande quanto una casa. Gli ultimi dati che lo confermano sono quelli contenuti nel nuovo report di Openpolis sui divari di reddito in Italia e negli altri Paesi europei. Sebbene la ricchezza sia aumentata e le condizioni di vita siano mediamente migliorate, le disuguaglianze nella distribuzione di tale benessere sono rimaste pressoché invariate in Europa. L’Italia ovviamente non fa eccezione, anzi è nel gruppo degli Stati in cui i divari si sono ampliati.
Mentre il governo Meloni nega il Reddito di cittadinanza e il salario minimo, in Italia c’è un’emergenza, quella del gap salariale
Nel nostro Paese, in particolare, si è aggravata la forbice tra una maggioranza di persone che dichiara di guadagnare poco (meno di 20mila euro lordi l’anno) e una minoranza che afferma di guadagnare molto (poco più dell’1% dei cittadini guadagna più di 100mila euro l’anno). Il principale indicatore della disuguaglianza si riferisce alla distribuzione del reddito all’interno di una società, ovvero l’indice di Gini. Esso indica le differenze tra i redditi percepiti. Tale indicatore può avere valori compresi tra 0% e 100%. Più è basso, più ci si avvicina a una situazione di perfetta uguaglianza in cui tutte le persone hanno il medesimo reddito.
Più è alto invece più i redditi sono concentrati in un piccolo gruppo di persone. Come riporta la Banca mondiale, in Europa mediamente i salari sono aumentati e le condizioni di vita sono migliorate nel corso degli ultimi decenni. Tuttavia ciò non ha comportato un parallelo allentarsi delle disuguaglianze tra i cittadini. Questo fenomeno si manifesta in particolare attraverso l’aumento relativo degli stipendi più alti e il calo di quelli più bassi, in alcuni stati come quelli dell’Europa centro-orientale. Altrove, gli stipendi bassi sono comunque aumentati poco e lentamente rispetto a quelli medi e alti.
Il 57% degli italiani guadagna meno di 20mila euro l’anno e il 29,6 meno di 10mila. Appena l’1% supera i 100mila euro
Mediamente in Europa il coefficiente Gini si attesta al 30,1% nel 2021, con un calo molto lieve rispetto a 10 anni prima. Dei 27 Paesi membri dell’Ue, in 11 l’indice di Gini è aumentato negli ultimi 10 anni. Tra questi anche l’Italia (+0,5%). L’aumento più marcato si è registrato in Bulgaria (+6,1 punti percentuali). Mentre il calo maggiore si è verificato in Slovacchia (-4,4, dove però il dato più recente è relativo al 2020) e in Polonia (-4,1). Nel complesso, nel 2021 il dato più alto è quello bulgaro che sfiora il 40%. Seguito da quello della Lettonia e della Lituania (al di sopra del 35%). Mentre il più basso è quello slovacco (21%).
L’Italia è da questo punto di vista lievemente al di sopra della media Ue (30,1%), attestandosi, nel 2021, al 33%. Per quanto riguarda l’Italia gli stipendi sono molto lontani dall’essere equamente distribuiti. Sono ancora molti infatti i contribuenti che guadagnano meno di mille euro lordi al mese, prima di qualsiasi detrazione fiscale. E oltre la metà di tutti i contribuenti (57%) che dichiarano il proprio reddito non arriva comunque a 20mila euro annui.
La fascia più rappresentata è quella dei redditi compresi tra i 10mila e i 20mila euro l’anno. Tuttavia sono quasi 12 milioni gli italiani che guadagnano meno di 10mila euro l’anno, il 29,6% del totale. Mentre meno del 3% di tutti i contribuenti guadagna più di 70mila euro, una quota che arriva poco sopra l’1% nel caso di chi dichiara più di 100mila euro (meno di mezzo di milione di persone in tutto il paese). Oltre un milione di persone afferma di guadagnare zero o addirittura di avere un reddito negativo.