di Alessandro Ciancio
La base grillina ha decretato l’espulsione dal Movimento della senatrice Adele Gambaro e solo un inguaribile ingenuo poteva ancora sperare che il gran giudizio del web sarebbe stato di segno diverso. Sul sito del leader il capo di imputazione a suo carico era chiaro: «Ha rilasciato dichiarazioni lesive per il M5S senza nessun coordinamento con i gruppi parlamentari e danneggiando l’immagine del M5S con valutazioni del tutto personali e non corrispondenti al vero». Non solo. Alla senatrice veniva anche rinfacciato quanto dichiarato a suo tempo in occasione delle parlamentarie presentandosi ai cittadini pentastellati: «Penso ad un Parlamentare che nel caso non fosse più in sintonia con il M5S, grazie al quale è stato eletto, la sua base, i suoi principi, semplicemente si debba dimettere». Ha osato criticare Grillo, indicando i suoi post violenti contro il Parlamento come una delle cause del tracollo elettorale alle amministrative, e non si è dimessa? La base internettiana non l’ha perdonata, così rendendo giustizia alla sua natura profondamente intollerante e reazionaria.
Tra le 11 e le 17 di ieri si è concluso così un rito sacrificale online dalla forte valenza simbolica e la cui vittima principale sembra però essere lo stesso movimento pentastellato. Al Valhalla invocato da Grillo ha infatti preso parte una minoranza degli aventi diritto: 19.970 su 48.292 sostenitori che risultano essersi registrati al portale entro lo scorso 31 dicembre. Il 65,8% (pari a 13.029 voti) ha votato per l’espulsione, il restante 34,2% (pari a 6.761 voti) ha votato per il no. Evidentemente questi ultimi giorni di violente polemiche interne non solo hanno tracciato un solco profondo all’interno dei due gruppi parlamentari ma soprattutto hanno raffreddato l’entusiasmo della componente meno ortodossa del Movimento. Anche perché il processo di epurazione dei dissidenti a mezzo stampa sembra essere appena agli inizi.
La prossima vittima sarà probabilmente la deputata Paola Pinna, colpevole di aver rilasciato un’opinione non gradita su La Stampa. La libertà di pensiero sembra incompatibile con il codice di comportamento imposto da Grillo e Casaleggio.