Dopo il caro affitti con gli studenti che hanno piantato tende davanti a tanti atenei, continua l’agitazione nel mondo universitario. Questa volta a protestare sono gli studenti di geologia della Sapienza che hanno occupato il piazzale antistante la facoltà, assieme a diversi movimenti ambientalisti tra cui spiccano Fridays for future, End Fossil Roma e Ultima generazione, per chiedere “di interrompere i rapporti con le aziende responsabili della crisi climatica”.
Alla Sapienza troppi master finanziati dalla lobby del fossile. Il greenwashing nel mirino degli studenti di geologia
Una richiesta con cui gli universitari chiedono di rompere un circolo vizioso che vede le aziende, almeno secondo loro, organizzare eventi e master per la tutela dell’Ambiente ma che altro non sono che tentativi grossolani di “attuare politiche di greenwashing”.
Quest’ultima, traducibile in italiano come ‘ecologismo di facciata’, per definizione è una pratica – molto in voga negli ultimi decenni – con cui imprese altamente inquinanti provano a mostrarsi per quello che non sono, ossia attente all’impatto ambientale delle proprie azioni. La protesta, a cui hanno preso parte una cinquantina tra attivisti e studenti, è scattata in risposta all’evento “Metodi di Lotta alla crisi climatica” tenuto nell’aula Majorana del Dipartimento di Fisica della Sapienza e, secondo gli organizzatori, proseguirà fino a domenica.
“Anche nella Capitale, come in altre 50 città d’Europa, è cominciata un’occupazione climatica. Chiediamo che cessino i rapporti tra le università e le aziende responsabili della crisi climatica, prima fra tutte Eni, che qui a Geologia finanzia il suo master direzionando la didattica” è quanto spiega Emanuele Genovese di End Fossil Roma al Fatto Quotidiano. Gli fa eco il portavoce di Fridays for future, Marzio Chirico, secondo cui “Eni è una fra le 30 aziende più inquinanti del mondo. Noi pensiamo che i luoghi della formazione debbano essere liberi dagli interessi privati”.
“I prossimi giorni le aule occupate ospiteranno dibattiti, proiezioni e lezioni alternative auto-organizzate per parlare di crisi climatica in maniera indipendente e senza le influenze delle grandi aziende, che usano l’Università per fare greenwashing” è quanto promettono i promotori della contestazione. Un calendario di eventi “aperti a tutti” in cui il protagonista sarà “una didattica alternativa” capace di parlare di argomenti tanto complessi, come quello della tutela ambientale, e di denunciare quelle che vengono definite ‘le manovre della lobby del fossile’. Il tutto al fine di riaffermare il diritto a un’istruzione priva di influenze da parte delle aziende. Iniziativa che potrebbe presto estendersi anche ad altri atenei che sono interessati dalle medesime tensioni e dinamiche.
Ma quella nelle università non è l’unica protesta contro la strumentalizzazione che avviene nel mondo della ricerca. Mercoledì è stata la volta dei dipendenti dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del Lavoro (Anpal) che sono scesi in piazza contro il progetto del governo di Giorgia Meloni che porterà all’assorbimento dell’ente all’interno del ministero del Lavoro. Una decisione che ha fatto infuriare i dipendenti e i sindacati che hanno manifestato al grido “giù le mani dalla ricerca” e “non siamo pacchi”.
“Chiediamo di tutelare il personale della ricerca di Anpal, 135 lavoratrici e lavoratori su circa 200 dipendenti totali”, dice Enrico Sestili, dirigente responsabile del comparto ricerca dell’Anief, a La Repubblica. Lo stesso poi ha aggiunto che “siamo al secondo trasferimento coatto in pochi anni del personale: prima nel 2017 da Isfol a Anpal e ora da Anpal al ministero”. “Ci propongono di creare un centro studi all’interno del dicastero, ma questa soluzione non ci piace (…) perché non vogliamo che la ricerca sia politicizzata”. Contestazioni che hanno convinto la ministra Marina Calderone a incontrare i sindacati per cercare soluzioni anche se, stando a quanto si apprende, la strada per far rientrare le proteste è ancora lunga e tortuosa.