“Non è una vittoria dei Cinque Stelle…”, scandisce il premier Giuseppe Conte mentre consegna al sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione, l’avviso di sfratto dal Governo in diretta tv (leggi il pezzo). Ma se è il risultato quello che conta, la decisione del presidente del Consiglio rappresenta una vittoria su tutta la linea per il Movimento Cinque Stelle. Una vittoria figlia del cambio di strategia impresso da Luigi Di Maio che, di giorno in giorno, si è fatto sempre più aggressivo nei confronti dell’alleato di Governo. In nome di quel cambiamento che non ammette eccezioni né dilazioni.
Altro che dimissioni post-datate proposte dallo stesso Siri, pronto al passo indietro se entro 15 giorni dall’interrogatorio reso ai pm non fosse arrivata una decisione sul suo rinvio a giudizio. Perché il nodo, come andavano da giorni ripetendo i Cinque Stelle, oltre che giudiziario è politico: può un sottosegretario sospettato di aver asservito la sua funzione pubblica ad un interesse privato sedere nel Governo del cambiamento? La risposta, scontata per i Cinque Stelle, è arrivata dal premier Conte. “Forse qualcuno nella Lega pensava che ci saremmo dimenticati della vicenda e che avremmo lasciato correre magari fino a dopo le Europee – spiegano a La Notizia dagli staff parlamentari del Movimento -. L’epilogo dimostra che si sbagliavano: altro che tra un mese se ne riparlerà al massimo entro la prossima settimana”.
Ma mentre scorrono i titoli di coda sul caso Siri, la Lega si prepara alla rivincita con l’azionista di maggioranza della coalizione di Governo. “Apprendiamo che il Carroccio di appresterebbe a far passare il salario minimo al Senato per poi bloccarlo alla Camera – sussurra in Transatlantico alla Camera un autorevole esponente dei Cinque Stelle -. Se così fosse, la Lega farebbe bene a mettere in conto che ci regoleremmo di conseguenza: come successo proprio sulla vicenda Siri non ci saranno vie di mezzo, sul salario minimo il Carroccio o è con noi o è contro di noi.
Nel secondo caso, se decideranno di fare ostruzionismo sulla nostra proposta di legge, saremmo curiosi di vedere come lo spiegheranno ai propri elettori”. Insomma, il Movimento non abbassa la guardia. E, almeno fino al 26 maggio, non farà sconti. “Salvini deve capire che il Governo del cambiamento non è uno spot elettorale ma una promessa fatta ai cittadini – aggiunge -. Come abbiamo fatto fino allo sfratto recapitato da Conte a Siri, altrettanto faremo sul salario minimo: la Lega è con noi o contro di noi?”. Insomma, la partita è ancora aperta. E tale resterà fino al 26 maggio. Quando il gong delle Europee dichiarerà la fine delle ostilità. Chissà fino a quando.