Di Sergio Patti
Nel gioco di pressing e di ultimatum, alla fine il via libera degli arabi all’accordo con Alitalia arriva anche senza l’accordo su tutte le condizioni poste dal nuovo socio. Un segnale che sulla compagnia si può trattare anche a tempo scaduto. Ottimo per i sindacati – quelli che non hanno firmato sulla riduzione degli stipendi e per gli altri, che possono fare marcia indietro – ma soprattutto per gli azionisti che si sentono più sacrificati dall’accordo, con l’Atlantia dei Benetton, azionisti di Adr Aeroporti di Roma, in testa. L’amministratore delegato di Alitalia Gabriele Del Torchio comunque può tirare un sospiro di sollievo. La risposta del vettore degli Emirati arabi è positiva. La compagnia aerea di Abu Dhabi investirà 560 milioni in Alitalia per salire fino al 49% del capitale di una struttura societaria che accoglierà vecchi e nuovi soci. Ad oggi però nessun impegno è stato ancora sottoscritto e vi sono diversi punti ancora da risolvere.
Nodi ancora da sciogliere
Tra le cose fatte c’è intanto l’aumento di capitale da 300 milioni, 50 in più rispetto ai 250 milioni già varati dall’assemblea della settimana scorsa. Una ricapitalizzazione richiesta da Etihad che però potrebbe essere ancora ulteriormente incrementata. Indiscrezioni di stampa raccolte da Il Messaggero sono arrivate a ipotizzare un incremento di finanza fino a 700 milioni. Tra le cose da fare c’è invece l’accordo con i sindacati sulla riduzione degli stipendi. Fumata nera anche per gli esuberi. proprio ieri è partita la procedura di mobilità per 2.171 dipendenti tra Alitalia e Airone. Per il personale Az, la procedura riguarderà 1.590 addetti di terra, 126 piloti e 420 assistenti di volo, ai quali bisognerà aggiungere 35 dipendenti di terra AirOne.
La Cgil però ha già bocciato la procedura e dunque l’intera questione passerà a breve nelle mani del governo, con un tavolo tecnico in vista al Ministero del lavoro. In quella sede si dovrebbe raggiungere un accordo e prenderà l’avvio una prima fase per quei lavoratori che non si oppongono alla mobilità e accettano di uscire dall’azienda con un incentivo di 10.000 euro lordi e chi ha maturato i requisiti pensionistici. Per il resto del personale che ha rifiutato la mobilità, l’accordo annunciato dal Governo due settimane fa prevede 616 ricollocati nel perimetro aziendale e 681 esternalizzati entro il 31 dicembre 2014. Per gli altri 954 verrà sperimentato il contratto di ricollocamento. In ogni caso comunque Alitalia ed Etihad ieri hanno annunciato di voler andare avanti nel piano stabilito. E la firma dell’accordo dovrebbe arrivare l’otto agosto. Ad annunciarlo è stato il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. “Ho visto la lettera — ha spiegato — ed è molto positiva. In questa settimana si lavorerà per mettere a posto gli ultimi dettagli”. Commenti positivi anche dai sindacati. “La risposta di Etihad all’investimento in Alitalia è un’ottima notizia — ha detto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni — che premia gli sforzi della Cisl di favorire l’investimento per la nascita di una grande compagnia aerea in grado di competere nel mondo”.
Come sarà la compagnia
La nuova Alitalia che esce dall’accordo con Etihad sarà più snella, con oltre duemila dipendenti in meno, una profonda rivisitazione delle rotte, che punteranno meno al mercato domestico e più al lungo raggio. L’ex monopolio sulla tratta Roma – Milano, d’altronde, ormai è del tutto improduttivo, sbaragliato dalla concorrenza del treno. Si chiuderà il capitolo Malpensa, che nel tempo perderebbe del tutto quel ruolo di secondo hub di fatto mai decollato. Una scelta industriale che ha contribuito moltissimo alla caduta di Alitalia. Dopo il nuovo aumento di capitale e soprattutto grazie all’innezione di liquidità portato dagli arabi e il taglio dei crediti da parte delle banche azioniste, la società avrà molta più agibilità finanziaria. uno scenario nuovo, insomma, che allarma non poco i competitor esteri, a partire dai diretti concorrenti europei, tutti sul piede di guerra per tentare ancora adesso di bloccare in qualche modo a livello comunitario un’operazione che rafforza il vettore italiano. Per questo, prima di brindare sarà necessario vedere cosa ne pensa dell’intero piano anche Bruxelles.