La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, è stata la prima ad agitarne lo spettro, seguita poi dal duo grillino Alessandro Di Battista–Luigi Di Maio. Ma cos’è e come funziona la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica?
Il cosiddetto impeachment è il termine inglese per indicare quella che la Costituzione italiana definisce per l’appunto la messa in stato d’accusa del Capo dello Stato. La procedura prevista dal sistema americano è però molto diversa da quella che indica l’art. 90 della nostra Carta: “Il Presidente della Repubblica – recita la Costituzione – non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”. Il Capo dello Stato dunque, fatta salva l’assenza di responsabilità di atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, può essere giudicato solo per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, ed è il caso al quale si appellano quanti parlano oggi di messa in stato di accusa di Sergio Mattarella, secondo i quali il presidente avrebbe, con le decisioni prese, compiuto una grave violazione delle norme costituzionali.
L’ammissibilità della messa in stato d’accusa del Capo dello Stato, in Italia è una prerogativa esclusiva del Parlamento, mentre una eventuale sentenza in merito spetta alla Corte costituzionale, con una composizione diversa da quella consueta perché ‘integrata’ con 16 membri tratti a sorte da un elenco di cittadini con i requisiti di eleggibilità a senatore che il Parlamento compila ogni 9 anni, mediante un’elezione con le stesse modalità stabilite per i giudici ordinari.