Prepararsi a un autunno molto caldo e blindare il partito per metterlo a riparo dalle correnti interne. Sono queste le due direttrici che hanno spinto Giorgia Meloni a riorganizzare Fratelli d’Italia, assegnando la segreteria politica alla sorella Arianna Meloni (nella foto con Donzelli) e l’incarico di coordinare la comunicazione tra Palazzo Chigi e Fratelli d’Italia a Giovanbattista Fazzolari, ma che stanno agitando l’ala dei cosiddetti ‘Gabbiani’ a cui fa capo Fabio Rampelli. Una dimostrazione di forza, ammesso ce ne fosse ancora bisogno, con la quale Giorgia intende riaffermare che il partito – sempre più a conduzione familiare – che ha dominato le scorse elezioni è una sua creatura e che nessuno potrà portarglielo via.
Nel partito parte la rivolta contro il clan Meloni. I rampelliani invocano il congresso. Ma i fedelissimi della leader di Fratelli d’Italia: “Non serve”
Quel che è certo è che in Fratelli d’Italia la calma apparente, sotto la quale si nasconde un malumore strisciante deflagrato già in occasione della mancata candidatura nel Lazio di Fabio Rampelli, è ormai un lontano ricordo e non si può più nascondere la testa sotto la sabbia raccontando di un partito solido come il marmo. Questo perché la corrente dei Gabbiani – ma non solo quella – ieri ha fatto la sua contromossa annunciando la richiesta di un congresso nazionale in cui dibattere del futuro di FdI.
A chiederla ufficialmente è stato Massimo Milani, il deputato fedele a Rampelli che fu sostituito, a poche settimane dal voto alle Regionali del Lazio, alla guida della federazione romana di FdI proprio da Meloni, che a Repubblica ha affermato parole chiare: “Non guido io il partito, quindi chi ha la maggiore responsabilità fa le sue scelte. Arianna sta esercitando quel ruolo da mesi, perciò vivaddio la nomina. Io mi limito a indicare la strada di costruzione e miglioramento del partito”.
Quale sia questa via lo spiega lo stesso: “Di congresso se ne parla da tempo anche al nostro interno, ma sembra sparito dall’orizzonte. Eppure servirebbe avere un maggiore slancio anche in vista delle Europee. Vanno ricomprese le diverse esperienze che sono entrate in FdI: penso a Giulio Tremonti o Raffaele Fitto che ha una tradizione centrista. FdI raccoglie oggi dalla scuola liberista a quella cattolica alla destra sociale. Non accomodiamoci sugli allori. Veniamo visti come i figli dei figli di Msi, ma è vero solo in parte. Abbiamo avuto in questi anni una grande capacità di aggregazione. Ricordo che l’ultimo congresso l’abbiamo fatto nel 2017”.
Insomma lo stesso Milani assicura che non esiste un caso Arianna Meloni ma lascia intendere che i mal di pancia per una gestione troppo padronale, crescono. Da alcune voci di corridoio secondo cui se la tensione dovesse continuare a salire, gli scontenti potrebbero prendere decisioni al momento impensabili magari guardando a una scissione che guarda a destra di FdI e, forse, alla creatura che Gianni Alemanno sta provando a costruire.
I parlamentari temono di perdere consenso tra l’elettorato storico. E si parla persino di scissione
Questo perché i problemi per Giorgia non riguardano solo la gestione del partito ma anche le tante promesse elettorali che sono state sacrificate in nome dei conti statali traballanti, finendo per deludere diversi esponenti di FdI e anche parte dell’elettorato. Non meno importante è il timore di un sorpasso a destra, un tempo terreno di conquista dei meloniani, da parte della Lega e anche del movimento di Alemanno e del neo annunciato Movimento ‘Il mondo al contrario’ ispirato dal libro del generale Roberto Vannacci, che rischia di tramutarsi in una débâcle per FdI.
Quel che è certo è che al momento i meloniani fanno quadrato e difendono le scelte della leader, di fatto respingendo le istanze dei rampelliani. A farlo capire in modo chiaro è stato Giovanni Donzelli che, riporta Repubblica citando Adnkronos, ha chiuso le porte all’auspicato confronto interno: “Non esistono correnti in Fratelli d’Italia e non verranno mai legittimate le correnti di potere (…) anche perché ricordiamo bene i danni che portarono ad Alleanza nazionale”.
“Pronti a fare il congresso se ci fosse qualcosa da verificare ma questo presupporrebbe una candidatura e una linea politica contrapposta a quella attuale”, altrimenti, “chiedere alla Meloni di togliere attenzione al suo lavoro perché qualcuno spera in uno strapuntino in più sarebbe sbagliato per la Nazione”, conclude Donzelli.