Se Zingaretti alza la voce, Franceschini sussurra. Se il segretario del Pd, rafforzatosi dopo le Regionali, incalza Conte e il governo per decidere in fretta su decreti sicurezza, Mes, riforme, il capo delegazione dem smorza i toni e fissa altre priorità. Non si capisce bene se tra i due big ci sia un gioco di sponda (poliziotto buono e poliziotto cattivo) oppure una manifesta divergenza di vedute. Fatto sta che le mire personali di entrambi, al momento, sembrano focalizzarsi su obiettivi diversi.
Il giorno dopo il voto Nicola Zingaretti ha lanciato tre cantieri, con l’ambizione di dettare la linea al governo e di dare una scossa al Conte due. Il primo è quello sulle riforme (anche costituzionali): dal ddl per superare il bicameralismo perfetto alla nuova legge elettorale. Il secondo riguarda la nuova agenda di governo: in cima la modifica ai decreti sicurezza e il sì al Mes. Il terzo riguarda il Pd con l’obiettivo di aprire un confronto con le forze sociali del Paese per costruire una piattaforma politica dei progressisti. Cambiare il partito e “mettere in discussione” le correnti è il progetto che Zingaretti illustra in una lettera al leader delle Sardine.
DIFFERENTI VEDUTE. Mentre riconosce che nell’esperienza di governo “non tutto è andato bene. Rimangono lentezze, distanze tra gli alleati della maggioranza che si è costituita, provvedimenti ritardati e zone non marginali di diffidenza e anche di sofferenza tra i cittadini e settori significativi della società”. Dario Franceschini in un’intervista a Repubblica plana leggero, quasi glissandole, sulle priorità zingarettiane. Apre alle opposizioni, sparge ottimismo (“Possiamo arrivare a fine legislatura”). Alla domanda sui decreti sicurezza e Mes taglia corto. Sui primi, dice, c’è un’intesa di maggioranza chiusa a luglio che verrà portata ora in Consiglio dei ministri.
Sul fondo salva stati, argomenta, bisogna “deideologizzare lo scontro, vediamo cosa serve alla sanità, quali progetti e quante risorse servono e poi affronteremo il tema insieme al Recovery fund”. E fissa le sue di priorità: tre. La prima è gestire l’emergenza Covid, la seconda è l’utilizzo del Recovery fund “progettando l’Italia del futuro”. E la terza è avviare una nuova stagione di riforme istituzionali. “Queste tre priorità – conclude – sono un terreno formidabile per cercare di costruire un rapporto con l’opposizione”. Insomma lo scarto dalla linea di pensiero del governatore della Regione Lazio ci sta tutto anche considerando la mano tesa del ministro alle opposizioni laddove Zingaretti ha condotto tutta la campagna elettorale polarizzando lo scontro sinistra-destra.
Cosa vuole fare da grande Franceschini (presidente della Camera? Quirinale? Lui si schermisce: “C’è chi si diverte con questo gioco di società piuttosto sciocco”) non lo dirà sicuramente a Cortona dove AreaDem – che fa riferimento a lui e Fassino – si riunisce dal 9 all’11 ottobre. Ma quell’occasione – “Il futuro non può attendere” è il titolo scelto per questa edizione – sarà determinante per fissare il Franceschini-pensiero e carpire gli umori sul suo rapporto con il segretario.
FIBRILLAZIONI AL NAZARENO. Se il M5S ieri ha radunato i big con il capo politico Vito Crimi, il Pd in mattinata ha riunito i ministri con il segretario. A testimonianza che fibrillazioni si registrano pure al Nazareno. Non solo Goffredo Bettini continua a chiedere un rafforzamento politico del governo (escluso dai giochi Zingaretti, destinato per ora a rimanere alla guida della Regione e della segreteria Pd). L’idea del rimpasto continua a sedurre molti dem. Mentre sulla riforma elettorale pare rimanere confinata in un angolo la voglia di maggioritario di una parte del partito. A blindare l’accordo sul proporzionale, non è solo Zingaretti ma – stavolta – anche Franceschini.
Al vertice Pd c’erano anche il vicesegretario Orlando, i capigruppo di Camera e Senato, Delrio e Marcucci, il presidente della Conferenza delle regioni Bonaccini, il presidente dell’Anci Decaro e il presidente dell’Upi De Pascale. Mettere a fuoco le priorità del Recovery fund da inviare in Europa e coordinare al meglio, anche in concertazione con gli enti locali, i progetti da mettere al centro del piano: è la priorità che si sarebbe dato il Pd.
Fissando il timing sul Mes. La discussione dentro la maggioranza – questa la linea emersa – si farà “al momento opportuno”, legando i fondi a un piano per la sanità: il termine ultimo è quello di dicembre.