Forzatura sul decreto Paesi Sicuri, sarà un emendamento al dl Flussi

E' scontro dopo la decisione del governo di accorpato il dl Paesi Sicuri al dl flussi. E intanto Meloni attacca i giudici bolognesi

Forzatura sul decreto Paesi Sicuri, sarà un emendamento al dl Flussi

Un fatto “gravissimo” che manifesta un “forte imbarazzo della maggioranza”. Così ieri sera Pd e Alleanza Verdi Sinistra hanno duramente attaccato il colpo di mano del governo che ha deciso di trasformare il decreto Paesi Sicuri – il cui esame dovrebbe iniziare al Senato – in un emendamento al decreto Flussi, già all’esame della Camera. In pratica un escamotage finalizzato a tagliare i tempi e, soprattutto, la discussione sul provvedimento che si sta rivelando un vero pasticcio (vedasi le vicende tragicomiche del centro di detenzione in Albania).

Per la maggioranza sarebbero “provvedimenti affini”

Ad accendere la miccia delle polemiche, ieri, l’annuncio del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani: “Abbiamo preferito rinunciare alla conversione del decreto legge Paesi sicuri in Senato e presentare al decreto Flussi, in esame alla Camera, un emendamento in cui confluiscono i contenuti del decreto stesso”. “La decisione – ha aggiunto Ciriani – non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia è strettamente connessi tra di loro riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme”.

Una manovra per tagliare tempi e discussione sul decreto Paesi Sicuri

Dietro alla “opportunità” dell’accorpamento si nasconde invece un modo per tagliare i tempi di indagine sul provvedimento appena incardinato nella commissione Affari costituzionali del Senato. Come spiega il senatore del Pd Dario Parrini: “Il Governo comunica la rinuncia a insistere per l’esame del disegno di legge di conversione del decreto Paesi Sicuri pubblicato il 23 ottobre e da convertire entro il 22 dicembre, per trasformarlo in un emendamento ad un altro provvedimento, il decreto flussi pubblicato l’11 ottobre e da convertire entro il 10 dicembre, il cui ddl di conversione è corso di esame alla Camera. È palese che è un modo gravissimo e fortemente sospettabile di illegittimità costituzionale – visto che l’articolo 77 della Costituzione garantisce al Parlamento 60 giorni di tempo per convertire i decreti – ridurre il tempo a disposizione del Parlamento per la conversione dei decreti legge. È un modo per mortificare il Parlamento. Cioè per non fare audizioni. E per umiliare il Senato. E per impedire l’esame approfondito di un provvedimento scomodo”.

Per il presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia “è gravissimo quello che è accaduto, perché un provvedimento così discusso e così fortemente sentito dal Paese viene prima presentato e poi ritirato dalla Camera, e poi presentato al Senato e dopo qualche giorno è di fatto lasciato morire per evitare che le opposizioni aprano il palazzo a chi è fuori”.

Avs: “Maggioranza in imbarazzo”

Sulla stessa linea l’Avs Peppe de Cristofaro, che parla di “forte imbarazzo della maggioranza” e di “disprezzo per le regole democratiche e della centralità del Parlamento”. A giudizio di De Cristofaro si tratta “probabilmente di un tentativo per minimizzare l’impatto nell’opinione pubblica, ma conservandone il merito e togliendo la possibilità alle opposizioni di svolgere il proprio ruolo, che è quello di portare la discussione fuori dalle Aule parlamentari e farla vivere nel Paese reale”.

Borghi “Un vergognoso espediente”

Per Enrico Borghi e Dafne Musolino (Iv) “si tratta di un vergognoso espediente per impedire al Senato di discutere il decreto. Un trucco tanto più grave in quanto su questo decreto è già stata devoluta alla Corte di Giustizia Europea la questione di legittimità rispetto alle norme comunitarie. Si tratta – spiegano – di una manovra del tutto irrituale e non rispettosa delle prerogative del Parlamento. Un tentativo maldestro di mettere una pezza a una vicenda, quella degli hot spot in Albania, che si sta rivelando sempre più un pasticcio”.

L’atto del tribunale di Bologna recepito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea

Intanto, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato ieri  la ricezione dell’atto presentato dal Tribunale di Bologna proprio riguardo al decreto Paesi sicuri, nel quale si chiede quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti Paesi sicuri e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. Fonti del tribunale hanno anche confermato che stato avviato l’iter di analisi della richiesta.

E Meloni attacca i giudici bolognesi

E sull’argomento, ieri sera è intervenuta anche la premier Giorgia Meloni: “Le argomentazioni con cui il Tribunale di Bologna chiede alla Corte di giustizia europea l’autorizzazione a disapplicare l’ennesima legge italiana da molti è stata vista come un’argomentazione più vicina a un volantino propagandistico che a un atto da tribunale. L’argomento della Germania nazista è efficace sul piano della propaganda, sul piano giuridico è più debole”, ha dichiarato a “Porta a porta”.