Meloni e Salvini sono “troppo accondiscendenti con l’estrema destra”. Addirittura “vicini a certe forze extraparlamentari”. È quanto denuncia Giuseppe Civati, ex deputato, ora editore con People che ha appena pubblicato il saggio Non siete fascisti ma. E in questa intervista a La Notizia chiede con chiarezza un’accelerazione sullo scioglimento di Forza Nuova: “Non è questione di opportunità, ma di rispetto della Costituzione”.
Lo scioglimento di Forza Nuova ancora non c’è stato, a un mese dall’assalto alla sede della Cgil. È finito tutto nel dimenticatoio?
“È un fatto sconcertante, anche perché dal segretario del Pd c’erano state parole inequivocabili. Bisognerebbe dare seguito a un’uscita del genere. Immagino che Letta, prima di prendere una posizione così netta, avesse informazioni riguardo alle intenzioni del ministero dell’Interno”.
Che segnale dovrebbe dare il Pd?
“Se non ci sono conseguenze, certe dichiarazioni, come quella di Letta, diventano quasi una provocazione. Il governo non è fatto da tecnici, ha la presenza di politici e il Pd fa parte dell’esecutivo. Dovrebbe semplicemente chiedere di portare a termine quel percorso indicato dal segretario del partito. Non so davvero cosa si stia aspettando”.
Il governo sembra immobile…
“Ci sono due strade, secondo la Legge Mancino e la Legge Scelba: può intervenire direttamente o attende l’esito delle indagini e dei processi. Ci dicano quale direzione vogliono intraprendere”.
Il discorso dello scioglimento è relativo a Forza Nuova, ma ci sono altre forze, come Casapound, che perseguono la stessa ideologia. Vanno sciolti anche questi partiti?
“Non è una questione di opportunità, ma di rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato. Ci sono addirittura organizzazioni che inneggiano al nazismo, non so cosa possa esserci oltre. Ci sono stati innumerevoli episodi negli ultimi anni, che non si possono ignorare. E di fronte a certi atti, noto una certa accondiscendenza da parte di forze politiche dell’arco parlamentare. Forse non del tutto costituzionali da questo punto di vista…”.
A chi si riferisce?
“Fratelli d’Italia non si definisce antifascista e ha ancora la fiamma nel simbolo. Poi abbiamo visto che in una sezione di Civitavecchia c’era una serie di rimandi ai simboli del Ventennio, tra poster commemorativi e saluti romani. Ma parlo anche di Salvini. Ci sono troppi distinguo e tanti cerchiobottismi sul fascismo. Alla fine emerge che quell’area politica o sostiene o è comunque vicina all’estrema destra extraparlamentare”.
Quindi la cultura del “non sono fascista ma” c’è anche nelle forze presenti nel governo?
“Salvini, in passato, ha abusato di citazioni mussoliniane che facevano impazzire i giornali di destra. Penso poi alla simbologia, alle felpe e ai libri riconducibili all’area Casapound, ma anche ai palchi condivisi con la stessa Casapound”.
In Italia c’è una certa tolleranza verso la cultura fascista?
“Si ascrive tutto al folklore. Ed è paradossale: se pure fossero solo folkloristici, sarebbe la conferma che ci sono. Si vestono in un certo modo, vanno a Predappio, la marcia su Roma viene celebrata come una ricorrenza. Poi c’è chi, come Rachele Mussolini, non festeggia il 25 aprile. Cosa significa se non un’ambiguità di fondo? Bisogna ricordare, invece, che il fascismo è stato un regime illiberale e antidemocratico. E in Senato abbiamo Liliana Segre che ci ricorda cosa abbia significato per la popolazione italiana”.
L’assalto di Forza Nuova alla sede della Cgil è nata al termine di manifestazioni contro il governo. I movimento no-vax e no-pass possono diventare l’humus per la crescita di forze estremiste nel nostro Paese?
“L’area che, sbagliando, si oppone ai vaccini non è coincidente con i movimenti neofascisti. E anzi faccio un ragionamento: in una democrazia deve esserci libertà di manifestazione, ma non può esserci chi nega la democrazia. Non è un’interpretazione, bisogna sciogliere certe forze. La Costituzione italiana è nata in risposta al fascismo. Se poi commettono atti di matrice – per citare Meloni – violenta, allora c’è il codice penale”.
Ma c’è chi sostiene che lo scioglimento non sia sufficiente a risolvere il problema…
“È chiaro che esiste un problema culturale e di disagio sociale, su cui serve uno sforzo. Ma, chiedo, che facciamo? Lasciamo proliferare le organizzazioni che alimentano il ribellismo, che si pongono al di fuori del dettato costituzionale e provano fastidio verso la democrazia? L’impegno culturale e lo scioglimento di queste organizzazioni non sono in contrapposizione. Anzi”.